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Sottoscrivi lettera aperta… 26 dicembre 2008

Posted by Federico Semeraro in Sottoscrizione.
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Siete invitati a sottoscrivere la lettera aperta: “Stato Vegetativo, Nutrizione Artificiale, Prematuri Estremi: fra evidenze scientifiche e contaminazioni ideologiche della scienza”

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1. Giorgio Tulli - 30 dicembre 2008

Si, è vero la nutrizione artificiale è un atto medico, ma serve per dare da bere e da mangiare. Se sospendo l’atto medico nutrizione artificiale (e non forzata come continuano certi giornalisti di parte a dire) il paziente muore di sete e di fame. Un paziente in stato vegetativo persistente sente la sete, sente la fame, non lo so e nessuno a tutt’oggi lo può sapere e comunque anche se lo studiassimo con le risposte del cervello dello stato vegetativo a confronto con lo stato normale rimarrebbe il dubbio di come risponde lo stato vegetativo, insomma che cosa è la vita vegetativa. Per noi che parliamo, scriviamo e ci muoviamo la vita vegetativa è nulla, è come la pianta che vediamo nel giardino di casa. Ma forse, per qualcuno, quella pianta parla e sente. Allora non si deve essere ipocriti. Togliere il mangiare ed il bere ad uno stato vegetativo, che abbia espresso una volontà in vita che questo supporto gli sia sospeso,vuol dire accompagnare la sospensione ad una sedazione e ad una cura del decadimento del corpo fino alla morte. Dunque questa è una forma di eutanasia. E’ chiaro che nel nostro paese, come in altri nel mondo, c’è bisogno di una legge per sancire il rispetto della volontà, chiamiamolo pure testamento biologico e di una legge per l’eutanasia. Queste leggi sono difficili nella loro scrittura e non possono essere scritte se gli schieramenti contrapposti sono fermi nelle loro posizioni. Nessun fondamentalismo può scrivere in democrazia una qualsiasi legge. Il fondamentalismo è figlio e genera esso stesso la dittatura. Allora il dialogo , esso fu possibile con Giovanni XXIII e con Paolo VI , perchè non è più possibile oggi? A questa domanda dobbiamo dare una risposta e continuare a dialogare, un paese civile ha bisogno di questo. Dialogare si può
GIORGIO TULLI

2. Giuseppe Gristina - 30 dicembre 2008

Caro Giorgio, intanto grazie per aver aperto con il tuo solito coraggio “i giochi” di questo sito che nasce, voglio subito sottolinearlo, proprio per dialogare. Qui io vorrei che i medici si parlassero in nome del lavoro che fanno e non delle ideologie (religiose o no non importa).
Io sono fermamente convinto di quanto dici: non dobbiamo essere ipocriti. I giri di parole, le acrobazie non servono. Sospendere o non erogare un trattamento significa accelerare un processo che si conclude certamente con la morte.
Ma come noi medici dobbiamo sempre mantenere la consapevolezza dei limiti biologici dei trattamenti (la prognosi è ancora un nostro compito?), così dobbiamo anche essere rispettosi della volontà dell’Altro, di colui cioè che nella relazione di cura è il nostro unico interlocutore: il malato. Allora a tema finiscono molti più argomenti: come va ripensata la medicina “del corpo” in una società di “oldest olds” destinati per legge biologica al decadimento? E’ ancora sostenibile un’etica medica “deontologista” in una società che ha definitivamente perso sistemi valoriali assoluti ed esterni all’esperienza individuale? Come ci dobbiamo muovere nella zona grigia creata dalla biotecnologia (inizio-vita e fine-vita si confondono proprio in quella zona grigia!) ? Cosa dobbiamo intendere oggi quando diciamo che la nostra è una professione “di servizio” ? Per chi? fino a che punto? con quanto coinvolgimento? con quali limiti? E molte altre domande verrebbero. Nessuno ha risposte preconfezionate buone per tutti gli usi. Quello che vorrei venisse fuori dalla discussione è proprio questo patto preliminare tra persone, tra medici che superano le barriere e le convenienze in nome del comune lavoro che ci impegna su un fronte sempre più complicato che, alla fine, è lo stesso per tutti. Per trovare assieme una strada, per tornare a dare valore alle idee oltre che alle macchine, al pensiero e alla cultura oltre che alla tecnica. Io credo che “tutto sia possibile nel migliore dei mondi possibili” e per partire bisogna fare tutti uno sforzo per trovare la migliore partenza possibile. Io continuo a pensare che le casse d’acqua sui sagrati delle chiese non siano la migliore partenza possibile.
Ho recentemente riascoltato su you tube il “discorso della luna” di Giovanni XXIII; mi permetto di consigliarlo a tutti proprio per riflettere sul grande bisogno che c’è di ripartire tutti e tutti insieme. Fare scienza, fare medicina credo che proprio questo significhi: trovare quello che unisce non quello che divide.
Un augurio a te Giorgio e a tutti quelli di buona volontà che vorranno intervenire.
GIUSEPPE GRISTINA

3. Adriano Tango - 31 dicembre 2008

Non hanno pietà della sofferenza della gente!

4. Mariolina Congedo - 31 dicembre 2008

Abbiamo bisogno come professionisti della salute e come cittadini di restituire valore alle conoscenze mediche, per quanto parziali, sofferte, suscettibili di sviluppi e correzioni, liberando il nostro personale giudizio dai pregiudizi, intesi come giudizi a priori, che ci limitano. Non consente nè libertà nè coerenza chi decide che solo nello scontro frontale fra ideologie si possa svolgere il dibattito, doloroso quanto poco allettante scenario su cui le vicende diffuse dai media vengono proiettate.
Apprezzo la lettera aperta e sono grata a chi ha avviato questa raccolta di firme.
(Opportuno lo sguardo di Galileo, se non sbaglio, sull’intestazione di questa pagina)
Mariolina Congedo
medico neurologo
ASS 5 “Bassa Friulana”
Cervignano del Friuli (UD)

5. daniela tarquini - 31 dicembre 2008

Anch’io sono grata a chi ha avviato questa raccolta di firme e sottoscrivo quanto detto da mariolina congedo, che come me fa parte del gruppo di studio per la bioetica e cure palliative della società italiana di neurologia

6. Federico Semeraro - 31 dicembre 2008

Ringrazio Giuseppe Gristina per l’opportunità di partecipare in modo attivo a questa nuova “esperienza”.
Per chi come me si è da poco affacciato alla professione…per chi come me tutti giorni deve confrontarsi con la vita e la morte delle persone in terapia intensiva…per chi come me non ha ancora chiaro il bianco e il nero di questioni così delicate….questa “esperienza” può essere di aiuto.
Nel mio essere ateo e rispettoso “cultore” della scienza ho voluto mettere gli “occhi di Galileo” in questo blog perchè desideroso di capire meglio anche le “aree grigie”.
Nel rispettare le diverse opinioni, le diverse religioni, i diversi modi di pensare e agire mi piacerebbe che tutti facessero uno sforzo per non trasformare questioni etiche così importanti in guerre “religiose” e “politiche”.
Alla fine della mia strada infine mi piacerebbe incontrare un medico che rispettasse la mia volontà e mi lasciasse morire in modo dignitoso senza dolore, sperando che quel medico non debba decidere della mia sorte in modo solitario e senza guida come succede ogni tanto a ognuno di noi…

Federico Semeraro
Anestesista Rianimatore
Ospedale Maggiore – Bologna

7. GIUSEPPE GRISTINA - 31 dicembre 2008

Caro Federico, grazie a te per avere messo le tue competenze al servizio di questa causa costruendo il blog dove spero sempre un maggior numero di persone e colleghi e scienziati e filosofi vorrà portare la sua testimonianza in nome della libertà del pensiero, della scienza, in sintesi della cultura. Io non ho fatto molto per te perchè e sempre vero quanto sostenuto dal nostro Maestro Galileo:
“Non puoi insegnare qualcosa a un uomo, puoi solo aiutarlo a scoprire dentro di sé”. Posto che, come Egli stesso dice : “Non basta guardare, occorre guardare con occhi che vogliono vedere, che credono in quello che vedono.”
GIUSEPPE GRISTINA

8. Davide Mazzon - 1 gennaio 2009

La lettera aperta chiude un 2008 che, sul piano delle relazioni fra politica e bioetica, lascia indubbiamente più preoccupazioni che speranze.
Le preoccupazioni sono relative al clima culturale che nel nostro paese si è venuto a creare intorno alle questioni bioetiche, sempre meno oggetto di discussioni libere e razionali e sempre più oggetto di interventi istituzionali tesi da una parte a limitare il diritto all’autodeterminazione dei cittadini nelle scelte sanitarie, dall’altra a manipolare dati scientifici per giustificare tali interventi e condizionare così l’operato dei medici.
A ciò si associa la sfiducia per la sottomissione di una larga parte della politica e di una parte fortunatamente meno ampia ma non meno agguerrita del mondo scientifico all'”agenzia morale” vaticana, che non ha pari in nessun altro paese occidentale. Non si può dimenticare a questo proposito la rozzezza di chi chiese il castigo di una “punizione esemplare” per il Collega che praticò la sedazione palliativa a Piergiorgio Welby ed il cui operato invece è stato deontologicamente e giuridicamente ineccepibile.
Ma è ineludibile che le accelerazioni del progresso scientifico, assieme alla crescente connotazione multietica e multiculturale della nostra società, rendono sempre più necessario che l’etica pubblica si assuma il compito di ricomporre i differenti sistemi valoriali dei cittadini in un “ethos” comune, rinunciando ad assegnare a chicchessia un monopolio etico. E’ infatti constatazione quotidiana per chi fa il nostro mestiere (ma non mancano conferme da sondaggi e dati CENSIS), e fonte di consolazione, che la maggior parte dei cittadini sia ben consapevole del diritto di autodeterminarsi relativamente a malattia, inizio e fine vita.
Un sistema democratico (e non teocratico) non può tendere alla omologazione bensì alla coesistenza di differenti sistemi valoriali garantendo ad essi e tra essi un rispettoso dialogo. Ciò corrisponde ad un’idea autenticamente laica di democrazia che implica: rispetto delle diverse identità culturali, libertà religiosa, autonomia delle sfere politica e religiosa, riconoscimento delle minoranze. Una laicità che non va intesa nè come una filosofia né un’idea politica, né tanto meno come un qualcosa che si contrappone alla religione, ma piuttosto come l’unico metodo di convivenza tra tutte le religioni, le ideologie e le filosofie che rispettano l’uomo, ivi comprese quelle che non si richiamano ad alcun Dio e ad alcun magistero infallibile.
Chi non accetta questo metodo di lavoro antidogmatico, guidato dai valori del pluralismo, della libertà e della tolleranza bollandolo di “relativismo” e proponendo in alternativa un inaccettabile monopolio etico, mina ogni prospettiva di dialogo e imbocca un illiberale vicolo cieco di cui tutti potremmo domani pagare il prezzo.
Al sistema politico va riconosciuto il diritto di esercitare il proprio ruolo assumendo su di sé la responsabilità delle proprie scelte, ma non certo il diritto di distorcere l’evidenza scientifica al fine di giustificare quelle stesse scelte.
Che il 2009 fughi qualche preoccupazione e rilanci le speranze. AUGURI A TUTTI.

9. Dr. Livio Carnevale, anestesista rianimatore, Fondazione IRCCS Policlinico S. Matteo - Pavia - 1 gennaio 2009

Ringrazio gli estensori della lettera aperta per aver dato a tutti l’opportunità di sottoscrivere un documento che cerca di far chiarezza su di un argomento devastato dal sensazionalismo di prese di posizione dogmatiche e pseudo-scientifiche. In particolare non ritengo che il centro della questione sia solo la ricerca della corretta definizione di stato vegetativo o di nutrizione artificiale ma più semplicemente la salvaguardia del diritto di scelta presente e futuro delle persone.

10. Grazia Mieli - 2 gennaio 2009

Sottoscrivo per la salvaguardia del diritto di scelta.
Dr Grazia Mieli
psicologo psicoterapeuta
U.C.C. Cure Palliative Azienda Sanitaria di Firenze ASL10
membro del Gruppo Etica delle Cure di Fine Vita
Commissione Regionale di Bioetica della Toscana

11. Paolo Geraci ECTC, medico specialista in Anestesiologia e Rianimazione e Scienza dell'Alimentazione. Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia - 2 gennaio 2009

La lettera aperta mi pare chiara, ben circostanziata, scientificamente documentata e condivisibile in quanto scevra da dogmatismi o da pregiudizi ideologici.
Troppe parole – credo – si spendono da parte di molti su argomenti che pochissimi conoscono e su cui nessuno possiede la verità. Auspico un anno di “silenzio” e di utopica speranza che il “medico” riprenda la consapevolezza di essere tale nel preciso momento in cui si trova di fronte al suo paziente, alla persona che gli si affida con fiducia e con la speranza che la propria volontà sia rispettata in un patto quasi “religioso” di solidarietà e aiuto reciproco e silenzioso.

12. Antonio Rimedio - 2 gennaio 2009

Sì, sono favorevole a questa lettera che denuncia la presunzione dell’ideologia di contro ad una conoscenza scientifica disposta ad ammettere il proprio fallibilismo, ma anche consapevole della forza delle proprie argomentazioni.
Mi auguro che anche in Italia si possa giungere presto ad una legge sulle direttive anticipate, che dia spazio alla dimensione umana ed ai principi etici sottesi ai gravi problemi in discussione

13. Dr. Andrea Lopes Pegna Direttore Pneumologia AOU Careggi, Firense, Presidente dell'Associazione GR.E.CA.LE. (Gruppo Etico Careggi per la Leniterapia) - 3 gennaio 2009

Questo documento, che condivido in pieno, riesce a sintetizzare i vari aspetti oggi più dibattutti nel nostro Paese in ambito bioetico corredando le affermazioni scientifiche e non, con esaudiente bibliografia, che rappresenta un utile strumento nella discussione

14. maddalena gasparini - 3 gennaio 2009

Condivido e sottoscrivo la lettera di Gristina. Mi preme sottolineare la gravità degli interventi istituzionali (Il Presidente Formigoni e il Ministro Sacconi fra i primi) che entrano di prepotenza nella delicata relazione fra i medici, il paziente e le persone per lui o lei significative, imponendo comportamenti in linea con i propri valori piuttosto che il rispetto di diversi valori. Ho tuttavia qualche dubbio sulla possibilità di scindere radicalmente la scienza dall’ideologia, soprattutto quando la scienza offre evidenze (non verità!) che ciascuno di noi usa per indirizzare il proprio lavoro. E ciascuno di noi ha un sistema di valori cui attinge, anche inconsapevolmente. Lo sforzo dunque che ci riserva questa fase in cui la tecno-scienza influenza le tappe e i modi dell’inizio come della fine della vita è quello di tramettere nel modo più trasparente le conoscenze (scientifiche) e favorire la consapevolezza degli aspetti etici delle decisioni, premesse –entrambe- di una scelta libera e consapevole.
Maddalena Gasparini, neurologa. Milano
Coordinatrice Gruppo di Studio di Bioetica e Cure Palliative della Società Italiana di Neurologia

15. Maurizio Cancian - Medico di famiglia - 3 gennaio 2009

Ringrazio i Colleghi della SIAARTI per la loro lettera aperta con la quale portano un contributo originale importante dal mondo della scienza e dell’assistenza

16. Martin LANGER - 4 gennaio 2009

Pur scettico sull’impatto che questa “nostra” lettera aperta potrà avere su chi ha continuato ad usare la sospensione delle cure ed Eluana per imporre scelte ideologiche, sottoscrivo volentieri e ringrazio dell’opportunità di aderire.

17. Eugenio Visonà - 4 gennaio 2009

condivido e sottoscrivo

18. maria pia moretti - 4 gennaio 2009

Come sente un soggetto in stato vegetativo e soprattutto cosa possa pensare e come potrebbe esprimersi forse non lo sapremo mai; o meglio non nei tempi della mia vita. Resta il problema del confine:bisogna metterlo?dove? chi lo deve decidere? solo il singolo quando sta bene,cioè quando non è in stato vegetativo?Oppure un terzo che serva da tutor e decida insieme al medico? Il rapporto con il singolo paziente esce dalla medicina che si avvale prognosticamente dei risultati medi:che fare. OK per la lettera anche se,come già Dr Langer,non mi aspetto rivoluzioni. Vorrei però che il dibattito conti nuasse in modo chiaro,onesto ed utili.Grazie a tutti.Buon lavoro ed auguri mpmoretti

19. Marco Visonà - 4 gennaio 2009

Concordo. Spero che la gente elabori un approccio più critico e confini la Chiesa nell’insensatezza dei suoi dogmi.

20. Giuseppe Nardi, Direttore Shock e Trauma, S. Camillo - Roma - 4 gennaio 2009

Condivido il contenuto della lettera e la sottoscrivo in pieno. da uomo oltre che da medico ritengo che le ideologie DEBBANO arrestarsi di fronte alla sofferenza e rispettare la possibilità di ciascuno di decidere. Ai cattolici vorrei dire, da rianimatore, che qualcuno deve aver fatto analoga valutazione di rispetto di fronte alla morte di Giovanni paolo II, perchè, come è notissimo a chi fa il nostro lavoro, di insufficienza respiratoria non si muore se non a fronte di atti di desistenza. Il documento della Pastorale riconosce il diritto di non accedere a cure straordinarie, eppure si è negato che il respiratore di welby fosse straordinario…..è forse “ordinario” nutrire artificialmente un corpo per 17 anni? Fermiamoci. Viviamo in un mondo dove sotto gli occhi di tutti noi, portatori di tutte le fedi, si compiono massacri inauditi negando la vita, la dignità e il cibo a chi lo chiede. Quando si parla di ipocrisia, partiamo di qui.
Un abbraccio a Giuseppe e a tutto il gruppo degli estensori della lettera.

21. GIUSEPPE GRISTINA - 5 gennaio 2009

Cari amici
Leggendo alcuni vostri messaggi, specialmente quelli di Martin Langer e di Maria Pia Moretti mi preme fare alcune considerazioni.
Discutere dei temi complessi che la scienza medica ci propone io lo ritengo un nostro dovere.
Il rispetto per le tragedie umane deve essere tassativo ma non deve impedire a noi di ricercare. Perché questo è il senso primo del nostro lavoro.
Noi non dobbiamo “fare politica”. Della politica infatti è il compito di cambiare e noi tutti speriamo in meglio. Nostro è il compito di fare scienza.
Cosa significa fare scienza? cosa significa essere medici? Credo che prima di tutto significhi ricercare ciò che unisce non ciò che divide gli uomini. Questa grande responsabilità morale che viene prima di ogni “credo” la portano la scienza e i medici. Si sente spesso parlare oggi di una crisi morale italiana; questo significa solo che nuove vie vanno ricercate di comportamento. Bisogna farlo insieme. Per una vita che sia sacra per tutti. Senza più stragi e fame e malattie come ci ricorda opportunamente Giuseppe Nardi.
Io sono un ateo e credo che la mia vita sia sacra proprio per il signficato che riuscirò a dargli; altri, credenti in un Dio, la riterranno sacra in quanto tale. E’ importante questa differenza? Fino al punto di impedirci di dialogare? Cosa significa dialogare? Io penso significhi accettare la complessità dell’altro. Ri/Ascoltate il “discorso della luna” di Giovanni XXIII all’apertura del Concilio Vaticano II

Nasce da una cultura fondata su questo principio.
A risentirlo, per me, è irrilevante che fosse il discorso di un grande cattolico. Rilevante è che con quest’uomo avrei potuto parlare.
E a proposito del dialogare, un filosofo inglese, David Hume, ateo, ha scritto:”When this common sense of interest is mutually express’d and is known to both, it produces a suitable resolution and behaviour. And this may properly enough be call’d a convention or agreement betwixt us, tho’ without the interposition of a promise; since the actions of each of us have a reference to those of the other, and are perform’d on the other part. Two men, who pull the oars of a boat, do it by an agreement or convention, tho’they have never given promises to each other.”

Dibattere poi i problemi etici drammatici che la scienza moderna ci propone ogni giorno è fondamentale in un’ottica di ricostruzione di un’etica condivisa, come ci dice Rita Levi Montalcini: “E’ opinione diffusa che la scienza sia agnostica per quanto riguarda l’etica, ma l’obiettivo e la finalità ultimi della scienza sono la ricerca della verità. La metodologia seguita da uomini che si prefiggono questo scopo si deve informare alla massima obiettività e onestà, cioè a principi etici. Il perseguimento della verità rifiuta le ideologie dei sistemi totalitari che fomentano gli odi razziali, basati su premesse che non reggono ad un’analisi scientifica e perdurano grazie alla coercizione, non alla logica […] La libertà di pensiero, l’atteggiamento “eretico” e il rifiuto di dogmi, che costituiscono un principio basilare del metodo scientifico, sono perseguitati e soppressi da regimi autoritari. ”
(Scienza, Etica ed Etica della Scienza”, Rita Levi Montalcini, 1991)
Opporre la visione della scienza all’ignoranza diffusa e cercare di riappropriarci della complessità della medicina è anche questo un nostro dovere.
Ricordate il caso del piccolo Davide Marasco nato con la S. di Potter (mortalità 100% in tutto il mondo entro i primi 80 g.g. di vita)? Ricordate che la patria potestà fu tolta ai genitori dal giudice solo per aver indugiato riguardo ai trattamenti invasivi? Ricordate che il piccolo fu dializzato, ventilato meccanicamente, ebbe un pnx drenato ed infine morì di sepsi ed insufficienza multiorganica dopo un calvario terapeutico di 80 giorni? Quanti medici dissero la loro?
Io non voglio tornare a fare l’elenco dei “casi”; il problema è se riusciamo noi medici a ridarci unità, credibilità esterna e reciproca, autorevolezza.
Io credo che con il silenzio perderemo definitivamente questi attributi … o forse li abbiamo già persi?
GIUSEPPE GRISTINA

22. Francesco Giunta - 5 gennaio 2009

Vorrei esulare dalla contingente analisi dei singoli supporti o terapie utili o non più utili nei singoli casi ormai pubblici.
Occorre che manteniamo alta l’attenzione e la capacità di autonomia intellettuale perchè solo questo potrà garantire i diritti dei nostri pazienti e di noi stessi.
Dobbiamo riappropriarci del giudizio clinico e del rapporto fiduciario col paziente, é questa l’unica cosa eticamente corretta da proporre e da fare.
Penso che il singolo caso sia prevalente anche sulla prassi più accettata, quando si parla di queste tematiche. Penso che su questa ultima spiaggia di “umanità” si giochi il vero diritto alla vita ed il diritto all’unicità di ognuno di noi.
Per questo ritengo necessario che noi clinici di area critica ci impossessiamo della piena responsabilità clinica e morale del nostro lavoro, aperti ad ogni discussione e recipienti di quanto ci può aiutare dall’esterno, ma responsabili, non consulenti, nei confronti dei nostri pazienti.
Dubito che una o più leggi possano risolvere queste tematiche se non destituendoci del rapporto fiduciario con il paziente e con la sua famiglia.
Ma a tutti noi serve un confronto tra realtà e situazioni differenti e quindi ci è indispensabile un “luogo comune” come potrebbe diventare questo.

23. dr. deanna bulgarelli - 5 gennaio 2009

Condivido e sottoscrivo

24. ANTONIO PANTI - 5 gennaio 2009

Caro Gristina,
sottoscrivo anch’io la lettera che rispecchia il nostro Codice Deontologico. Ti suggerisco di inviare il tutto anche a Bianco che potrebbe trasmetterla agli Ordini.

25. Paolo Napello - 5 gennaio 2009

Ringrazio gli estensori della lettera per aver dato l’opportunità a tutti coloro che vorranno di sottoscrivere vista l’importanza e la delicatezza dell’argomento trattato.Non vorrei strumentalizzazioni ma il diritto di scelta per le persone.

26. Eleonora Boni - 5 gennaio - 5 gennaio 2009

Sottoscrivo questa lettera per la salvaguardia della relazione di cura fondata sul rispetto dei valori, delle scelte e dei desideri altrui.
Dott.ssa Eleonora Boni
Psicologa Rianimazione II – Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia

27. Gianmariano Marchesi Direttore Anestesia Rianimazione 3° Ospedali Riuniti Bergamo - 5 gennaio 2009

Ritengo molto rilevante che la comunità scientifica faccia sentire la propria voce, e talmente importante la frase conclusiva del documento che mi sento di sottoscriverlo perchè diventi motivo di confronto e riapra un dialogo che sembra chiudersi.
Tuttavia vorrei sottoporvi alcune riflessioni che contrastano un poco con talune affermazioni sia del documento che di alcuni commenti.
Innanzitutto benché esista la connessione argomentativa citata nel titolo tra SVP e prematurità estrema, riunirli in uno stesso documento mi sembra fuorviante. A maggior ragione parlare di impossibilità di sopravvivenza è estremamente lontano dal parlare di grave inabilità; accomunarli nella stessa affermazione dà adito ad argomentazioni strumentali inopportune e confondenti.
Un secondo punto riguarda l’affermazione secondo la quale i genitori sono “ovunque riconosciuti i naturali garanti del diritto all’autodeterminazione di un bambino che non può ancora autonomamente esprimerlo”. Se questo fosse vero in assoluto non sarebbe giustificata l’azione della magistratura che toglie la patria potestà ai genitori in caso di negazione dell’autorizzazione alla trasfusione di sangue a minori figli di Testimoni di Jeovah. In realtà la giustificazione di tale azione risiede nell’impossibilità da parte dei genitori di prendere una decisione irreversibile motivata da argomenti di fede che il bambino non ha ancora assunto come propri. Lo stesso potrebbe dirsi però a proposito della vita in caso di disabilità. È innegabile la possibilità di un conflitto tra i genitori che potrebbero volere la sopravvivenza del nascituro o al contrario il suo decesso per motivi propri ed una diversa futuribile posizione del bambino. È un conflitto inevitabile e probabilmente irrisolvibile, che rende però debole l’argomentazione.
Un’ultima riflessione, che spero di saper esprimere in modo comprensibile, riguarda una delle ultime affermazioni, che condivido in linea di massima, ma che lascia irrisolti alcuni punti fondamentali: “Tale approccio costituisce il “core” della professione medica; il solo che ci consente di assumere consapevolmente le grandi responsabilità che scaturiscono dalla crescente complessità della pratica clinica, in una società caratterizzata dalla coesistenza di differenti sistemi valoriali cui lo Stato democratico deve garantire il più alto reciproco rispetto”. In linea di massima l’affermazione è condivisibile, ma non si deve confondere il rispetto con l’accettazione passiva di ogni posizione. È facile parlare di dialogo, ma se una posizione ideologica, religiosa o personale che sia, viene a scontrarsi nella sua applicazione con principi a cui tu (concedetemi l’uso di un “tu” impersonale) ti ispiri nelle tue scelte, l’accetterai in nome del pluralismo o la combatterai? Non è forse ciò che si sta verificando ora? Un gruppo di cittadini che in questo momento ha la forza di fare valere e applicare le proprie convinzioni (ovvero ha il potere, cioè può fare) sostiene una posizione che non condividi perché si ispira ad una scala di valori diversa dalla tua, e ritieni che ciò sia lesivo della tua libertà di pensiero. Se le parti si invertissero, cosa cambierebbe nella sostanza? . “Dialogare” viene prima di “decidere”, ma prima o poi una posizione prevale. Tu stesso vorresti che la tua posizione prevalesse, ovvero che la tua scala di valori venisse applicata. Il paese democratico non è quello che non prende posizione, che in nome del pluralismo ammette tutto, ma quello che assume la posizione nella quale la maggioranza dei suoi cittadini si riconosce, aperta a rivedere la propria posizione ogni qualvolta si manifesti una posizione diversa e potenzialmente condivisa dalla maggioranza. Ogni norma di legge deriva (o dovrebbe derivare) da principi e rispetta dei valori che possono non essere universalmente accettati ma lo sono almeno nella società in cui la norma è vigente. È difficile definire il confine tra il rispetto di una posizione e la sua accettazione. Credo che debba in ogni caso essere reso esplicito il valore che si ritiene di dover tutelare come superiore. Nel nostro caso poniamo al di sopra l’autodeterminazione o l’indisponibilità della vita e dell’integrità corporea (non dimentichiamo che quest’ultimo è subordinato al primo ed è un principio ispiratore delle nostre norme attuali)?. Ci troviamo a dover disquisire su un tema di massima levatura, perché da esso discenderanno le altre riflessioni: garantire artificialmente la sopravvivenza di un corpo a qualunque prezzo è tutelare la vita come bene indisponibile o è negare quella stessa indisponibilità impadronendosi del potere di decidere il momento della sua fine? Mi sembrerebbe in quest’ultimo caso di non vedere differenza tra decidere di porre fine alla vita (suicidio, eutanasia) e decidere che non debba in alcun modo finire.
Mi sembra si stia in ogni caso dissertando circa il potere che l’uomo può o non può avere sulla vita. Quale intervento è lecito e quale no?
La polis decide quale atteggiamento tenere, assumendosi le proprie responsabilità, e tenendo conto della scala di valori condivisa al proprio interno. Mai, come si afferma nell’ultima frase del documento, dovrà però essere mistificata la sostanza dei fatti facendo passare per scientifiche posizioni ideologiche, altrimenti … il sole tornerà a girare attorno alla terra.

28. Giulio Frova - 5 gennaio 2009

Penso che traspaia da tanti messaggi di impostazione chiaramente laica quanta importanza diamo noi tutti ad un maggiore rispetto per gli altri e per le loro idee, rispetto che a volte si manifesta anche nel saper tacere. Ma oggi non è più consentito assistere silenziosi a questa arrogante, faziosa e rumorosa invasione della libertà individuale e quindi ben vengano iniziative coraggiose come la lettera che sottoscrivo.

29. GIUSEPPE GRISTINA - 5 gennaio 2009

Caro Gianmariano
Grazie per l’intervento molto argomentato.
Ho individuato nel tuo commento 3 questioni.
Cercherò di rispondere punto per punto.

1. La connessione argomentativa citata nel titolo tra SVP e prematurità estrema

Tu dici: “riunirli in uno stesso documento mi sembra fuorviante”

I tre casi (SVP, prematuri e NA) – per come sono stati trattati dalle Istituzioni (commissioni ministeriali, Istituto Superiore di Sanità, Comitato Nazionale di Bioetica, buon ultimo il Ministro in persona) – hanno come incontestabile denominatore comune il fatto che i documenti da quelle istituzioni prodotti nel merito non solo non tengono in nessun conto l’evidenza scientifica, ma hanno l’ambizione di definirsi linea guida per la pratica clinica. Credo sia appena qui il caso di ricordare che il precedente Ministro della Sanità inviò a tutte le aziende sanitarie, agli IRCCS e ai policlinici una circolare (N°84 marzo 2008) in cui raccomandava come linea guida per la pratica clinica, relativamente al trattamento dei prematuri estremi, il documento redatto dall’Istituto Superiore di Sanità, le cui conclusioni sono antitetiche a quanto contenuto nelle linee guida di circa 15 società di perinatologia dal Canada all’Oceania. Questo è un fatto. Come è un fatto che la stessa cosa sta in sostanza succedendo ora con il “Glossario” redatto dal Gruppo di Lavoro del Ministero, peraltro presieduto clamorosamente da uno dei Sottosegretari dell’attuale Ministro (un gruppo di lavoro di clinici presieduto da un politico!) ed è successa con la questione dell’alimentazione/idratazione.
Questo è quanto hanno in comune le 3 questioni: distorsione dell’evidenza scientifica per supportare decisioni politiche.

2.Un secondo punto riguarda l’affermazione secondo la quale i genitori sono “ovunque riconosciuti i naturali garanti del diritto all’autodeterminazione di un bambino che non può ancora autonomamente esprimerlo”.
Io credo che non vadano qui mescolati insieme il piano giuridico e la relazione di cura.
Qui le domande sono: siamo in grado oggi di stabilire un contesto della relazione di cura tale da permettere il dibattito tra tutte le parti in causa nel rispetto del volere della madre?
Siamo noi in grado di accettare che esista un’unità madre-figlio non solo come entità fisiologica ma anche umana dove si stabilisce un primato genitoriale?
Ho già citato il caso di Davide Marasco, il bimbo nato con la Sindrome di Potter (100% di mortalità entro 80 giorni dalla nascita anche con trattamenti intensivi). I genitori furono privati della patria potestà solo perché stavano cercando di capire quale sarebbe stato il miglior interesse per il loro figlio. Esser trattato – come poi fu – intensivamente e morire lo stesso o essere lasciato morire in pace appena nato.
Questa è la realtà, questo è ciò che accade quando la relazione di cura cede il passo alla legge. Ciò non significa ovviamente che una legge non vi debba essere: si tratta di capire come ricollocare le parti in gioco e la loro libertà.

3. il terzo punto riguarda la tua perplessità circa l’ultima affermazione contenuta nella lettera: “Tale approccio costituisce il “core” della professione medica; il solo che ci consente di assumere consapevolmente le grandi responsabilità che scaturiscono dalla crescente complessità della pratica clinica, in una società caratterizzata dalla coesistenza di differenti sistemi valoriali cui lo Stato democratico deve garantire il più alto reciproco rispetto”.
Tu dici: “ In linea di massima l’affermazione è condivisibile, ma non si deve confondere il rispetto con l’accettazione passiva di ogni posizione. È facile parlare di dialogo, ma se una posizione ideologica, religiosa o personale che sia, viene a scontrarsi nella sua applicazione con principi a cui tu ti ispiri nelle tue scelte, l’accetterai in nome del pluralismo o la combatterai? Non è forse ciò che si sta verificando ora? Un gruppo di cittadini che in questo momento ha la forza di fare valere e applicare le proprie convinzioni (ovvero ha il potere, cioè può fare) sostiene una posizione che non condividi perché si ispira ad una scala di valori diversa dalla tua, e ritieni che ciò sia lesivo della tua libertà di pensiero. Se le parti si invertissero, cosa cambierebbe nella sostanza?”
Cambierebbe, Gianmariano, completamente il piano del discorso. Quello che non si riesce a far capire è che mentre io rispetterei la posizione altrui e non imporrei nulla a nessuno, quelli che oggi “hanno il potere” – come tu dici – non intendono minimamente dialogare; decidono e basta. E decidono anche per chi, come noi, posto nella stessa condizione NON agirebbe così!
Allora la domanda qui è: in merito alle questioni di inizio e fine vita è plausibile pensare ad una società che rispetti i diversi sistemi valoriali in gioco senza imporne uno a tutti?
Ancora una volta qui non si parla di leggi si parla di relazione di cura.
La legge sul testamento biologico serve appunto a garantire la pluralità delle posizioni non ad imporre alcunché a nessuno.
L’altra domanda quindi è: siamo o no per una società che sia per garantire ogni posizione? Qui non si sta decidendo una legge economica, non si legifera sul trattamento pensionistico, qui si deve dire se si ritiene che laici e cattolici possano convivere ciascuno vedendo rispettata la propria scala di valori.
Tu Gianmariano cosa diresti a chi vuole vivere connesso ad un respiratore e dializzato 3 volte a settimana? E cosa diresti a chi nella stessa condizione ti chiede di interrompere i trattamenti perchè non ne può più?.
La responsabilità che la polis deve assumersi è quella primaria di far capire cosa vuole fare: vuole lasciare liberi i cittadini di disporre della propria vita o no? Se la risposta è no ne prenderemo atto; noi però diciamo che questa decisione non può e non deve passare attraverso la distorsione della scienza e l’annullamento della specificità, irripetibilità ed autonomia della relazione di cura.
un cordialissimo saluto e grazie ancora
GIUSEPPE GRISTINA

30. Stefano Calizzano - 6 gennaio 2009

Ringrazio e sottoscrivo la lettera aperta su un’argomento così importante che allo stesso modo viene cercato di evitare da molti . La libertà di decisione della persona dev’essere difesa fino in fondo . Grazie ancora a tutti .

31. Vittorio Agnoletto - 6 gennaio 2009

Condivido pienamente la lettera. Le questioni della vita e della morte appartengono alle scelte di ciascuno, la scienza può e deve fornire informazioni utili perchè ognuno possa costruisi una propria consapevolezza e perchè la politica possa acquisire competenza e superare obnubilamenti ideologici. Che purtroppo oggi sono dominanti.Grazie.

32. Silvia Gherlenda infermiera 118 - 6 gennaio 2009

Sono fermamente convinta che la libertà di pensiero costituisca il dono più grande che io abbia ricevuto , un dono da custodire ,proteggere e a sua volta donare. I miei figli,quindi, hanno libertà di pensiero anche se ,il nostro, è un mondo difficile : certamente a volte pauroso, certamente troppe volte reso complicato da piccole persone piene di piccole verità personali.
La ricerca della Verità da parte della scienza deve passare attraverso principi etici.
La nutrizione artificiale è un atto medico , la nutrizione è un atto fisiologico : un bisogno fondamentale .
Se viene sospesa o non somministrata la nutrizione ( artificiale e non ) si muore. In vero, credo, non sia facile quantizzare in quanto tempo…3 giorni…1 settimana…1 mese ?
Da mamma mi sento vicina al papà di Eluana.
Al suo cospetto mi sento fragile e da tanti mesi mi sto interrogando..devo ammetterlo : non riuscirei a stare accanto a mia figlia e vederla morire di fame e di sete.
Eluana aveva espresso il desiderio di non vivere in stato vegetativo , io ora pubblicamente esprimo il desiderio di non vivere in stato vegetativo e di essere aiutata a morire senza sofferenza , senza far così tanta fatica..
Da dentro il mio essere persona libera di pensare, mi esce imperiosa la richiesta, condizionata forse dal mio personale vissuto lavorativo, di una legge per il testamento biologico e di una legge per l’eutanasia.
Mi sento infine di dichiarare in questo blog la mia ammirazione verso quel medico che , prima di “staccare la spina del respiratore” al consenziente signor Welby, gli ha praticato una sedazione farmacologica e lo ha accompagnato senza che avesse fame d’aria. Grazie per il suo coraggio.
E grazie a voi, che avete aperto una discussione aperta in un gruppo aperto: personalità mediche che tracceranno la via corretta senza generare pericolose confusioni.

33. Francesca Gipponi - 7 gennaio 2009

Condivido e sottoscrivo la lettera. Grazie per l’opportunità!

34. Antonella Orsi - 7 gennaio 2009

Condivido appieno la lettera e sottoscrivo per difendere il diritto di scelta della cura.

35. Camillo Luppini - 7 gennaio 2009

Condivido pienamente questa battaglia di civiltà, che ci inserirebbe tra i paese più avanzati nella tutela laica della dignità dell persone e ci allontanerebbe dai paese teocratici.

36. Andrea Valdambrini - 7 gennaio 2009

Sottoscrivo nella speranza che anche questo contribuisca a combattere “l’ignoranza”….

37. Alessandro Bussotti, Medico di Famiglia - 7 gennaio 2009

Condivido lo spirito della lettera e ringrazio gli estensori per l’iniziativa

38. bruno balicco - 7 gennaio 2009

Mai come in questa lettera mi sento vicino ad una iniziativa della SIAARTI, dopo tanti anni da rianimatore e facendo un bilancio della mia attività, la gioia per aver contribuito a restituire ad una vita degna tante persone è smorzata dalla visione delle sofferenze delle tante persone a cui abbiamo restituito una vita indegna e piena di sofferenze.

39. stefano pariset - 10 gennaio 2009

Sottoscrivo con piacere, e ringrazio per la possibilità datami di esprimere una convinzione maturata in 35 anni di attività medica.
Stefano Pariset . Chirurgia Ospedale San Martino di Belluno.

40. Paola Ceccato - 10 gennaio 2009

Grazie per quanto scritto che condivido appieno.
Ritengo che al di sopra di qualunque ideologia ci debba essere il rispetto dell’autonomia della persona, nel suo pensiero e nelle sue decisioni.

41. Corrado Marchini - 11 gennaio 2009

Condivido i contenuti della lettera. Oltre alle evidenze scientifiche è utile ricordare a tutti quanto la Costituzione asserisce circa la proprietà della persona. Quest’ultima non appartine allo Stato (come avviene nei regimi autoritari e come avveniva nel medioevo) e neppure a un confessione religiosa, a meno che un individuo accetti liberamente di affidarsi alle regole di una specifica confessione. La persona, nei limiti da definire in una opportuna legge circa le direttive anticipate o meno di vita, appartiene alla persona stessa. Si tratta del concetto di “diritti umani”, concetto che da taluni viene invocato solo per rivendicare la libertà di professare una data religione, dimenticando che serve anche ad altro: a permettere a chi pensa di essere mantenuto in vita a qualsiasi costo di rispettare il suo volere, esattamente come per permetere il contrario a chi la pensa diversamente. Ricordo infine che alcune confessioni Cristiane non cattoliche sono possibiliste su questi temi, così come altre confessioni non monoteiste.
Corrado Marchini
Direttore SOC di Neurologia Ospedale San Martino di Belluno

42. Giuliana Bellan - 12 gennaio 2009

Condivido, sottoscrivo e ringrazio per la dolorosa chiarezza che il testo ha determinato nella mia convinzione..

43. Massimo Boaretto Medicina e Lungodegenza Ospedale di Agordo - 14 gennaio 2009

L’etica cito “ è la disciplina che cerca di studiare e definire in modo oggettivo e razionale regole che consentano di distinguere i comportamenti umani in buoni (o giusti) rispetto a quelli ritenuti cattivi (o sbagliati)”. L’etica non è la morale anche se molto spesso vengono confuse

Personalmente considero mezzi indispensabili per definire tali regole :

1) il pluralismo
2) il dialogo
3) la tolleranza
4) la solidarietà
5) la discrezione
6) il rispetto
7) le conoscenze scientifiche ( in questo caso specifico)

Sottoscrivo quindi questa lettera con la speranza che non prevalgano i particolarismi di qualsivoglia natura ma una “onestà intellettuale” che porti a delle regole che tutelino tutti

44. Uras Marisa - Ostetrica- 14 gennaio 2009 - 14 gennaio 2009

Vorrei sottoscrivere questa lettera aperta per tutte quelle madri dei bambini, nati a bassissima età gestazionale, alle quali, benché nel pieno possesso delle facoltà mentali, viene sottratto il diritto di poter scegliere per il proprio bambino pretermine. Queste donne vengono considerate incapaci di prendere una decisione giusta perché troppo preda dello stress del parto, della paura, del dolore o dell’ansia per poter prendere delle decisione sensate riguardo alla salute della propria creatura, ricorrendo anche al giudice tutelare per sottrarre la patria potestà quando troppo titubanti o quando la loro scelta non coincida con quella dell’equipe curante. Viene riconosciuto il diritto di curarsi o di rifiutare le cure a tutti, per quale motivo, invece, a queste madri e a questi padri non viene riconosciuta la competenza necessaria per decidere sul figlio che essi hanno consapevolmente scelto di concepire e di far nascere e di cui sono, a tutti gli effetti i legittimi tutori ? perché non si cerca di fare tutto il possibile per quel bambino e per la sua famiglia compreso il saper riconoscere i limiti e lasciarlo andare senza accanirsi in pratiche rianimatorie estreme?
Grazie

45. Nadia Ongaretto - 14 gennaio 2009

in accordo con quanto già espresso

46. Maria Eufrasia Valori Vice presidente Associazione ADVAR onlus di Treviso - 18 gennaio 2009

Aderisco all’iniziativa che condivido completamente perchè si tratta di ina battaglia di civiltà, di libertà e di rispetto dell’individuo. Grazie

47. Davide Mazzon - 18 gennaio 2009

Unire le forze ma come? Come fare affinchè nella comunità scientifica del nostro paese ma anche nella società civile questi temi trovino una risonanza ben più ampia di quanto sinora fatto da poche persone (perchè sensibili. o coraggiose, o esasperate)? Come fare affinche i rappresentanti politici si rendano conto che la sensibilità culturale ma anche l’opinione dei cittadini, cattolici compresi, è nettamente a favore del rispetto della volontà di Eluana, ma si spinge anche oltre, sino ad avere nel nostro paese (Rapporto EURISPES 2007) una netta maggioranza a favore dell’eutanasia stessa? E invece più sembra che si sia raggiunto il limite dell’arroganza nell’irridere principi costituzionali ma anche della deontologia medica e della ipocrisia nel manipolare i dati scientifici, più questo viene superato dalla politica nell’indifferenza (quasi) generale. Anche quando, in un paese dove muoiono circa 4 persone al giorno per carenze sulla sicurezza nel lavoro, un Ministro si spinge a minacciare di ritorsioni quanti si apprestano a rendere esecutiva una sentenza definitiva ispirata al diritto di rifiutare le cure…

48. Massimo Cozza, psichiatra, segretario nazionale FPCGIL Medici - 19 gennaio 2009

Condivido la lettera e penso che vada ampiamente diffusa in un situazione dove la rottura dello stato di diritto che deriverebbe dalla mancata esecuzione di una sentenza irrevocabile della Cassazione si accompagna, nel caso Englaro, con il rischio di occultamento della verità scientifica sulla nutrizione e sulla idratazione artificiale. E’ paradossale nel 2009 essere costretti a contrapporre le acquisizioni scientifiche ad un provvedimento ministeriale, dettato per lo più da presupposti ideologici. Abbiamo quindi lanciato un appello attraverso le agenzie e sul nostro sito (www.fpcgil.it/medici.htm), in primo luogo ai medici italiani a difesa della deontologia e dell’autonomia professionale, per la sottoscrizione della preziosa lettera aperta.

49. FAUST SCIFO - DIRIGENTE MEDICO DI CHIRURGIA - 19 gennaio 2009

sottoscrivo la lettera condividendone il contenuto

50. GIUSEPPE GRISTINA - 19 gennaio 2009

Caro Massimo,
credo che il web sia una grande risorsa ma come tutte le cose è inanimato; l’anima dobbiamo dargliela noi con la forza delle idee, un po’ di coraggio e quel tanto di inventiva che serve a far funzionare una cosa che ha potenzialità impensabili.
Ti ringrazio quindi per tutto quanto potrai fare per dsre massima diffusione a questo documento il cui intento è quello anche di preservare la dignità professionale dei medici.
Credo che il nostro paese stia attraversando un momento assai critico e che vi sia un grande bisogno di adoperarci tutti nei limiti del nostro possibile. Ancora un grazie per tutto quello che potrete fare.
GIUSEPPE GRISTINA

51. Fabio Massimo Corsi. Neurologo ospedaliero. Responsabile UOSD Neurologia ad indirizzo clinico - morfologico Azienda Ospedaliera San Camillo - Forlanini. Roma - 19 gennaio 2009

Condivido pienamente e sottoscrivo la lettera aperta. Vorrei inoltre, nel partecipare a questo dibattito sul problema del testamento biologico e della libertà di cura proporre, magari dopo la “risoluzione” del caso Englaro, se ci sarà, un possibile “gesto” o atto collettivo da eseguire come medici, per poter influenzare l’iter della legge su questi temi. In fondo una differenza profonda ed importante tra l’agire in base a ideologie o dogmi e l’agire caritatevole, religioso o laico che sia, è la presenza in quest’ultimo di una connotazione affettiva che non può esaurientemente essere contenuta nel concetto di rispetto, forse viene meglio spiegata dai termini “compassione” (in senso letterale “patire con”) o “empatia”. In altre parole è il concetto (universale, evangelico e laico) del non fare ad un altro ciò che non vorresti fosse fatto a te. E’ per questo che ci dispiace quello che devono patire gli Englaro. Noi non vorremmo fosse fatto a noi. Non vorremmo fare ad Eluana ciò che non vorremmo altri medici facessero a noi. La compassione (in senso letterale) e l’empatia non hanno necessariamente un fondamento religioso, sono diffusi in tutte le culture, non hanno bisogno neanche di scambio verbale. Sono evidentemente una caratteristica della mente (anima?) umana (forse non soltanto umana), magari un giorno scopriremo che dipendono da una dotazione naturale di neuroni specifici (i neuroni specchio?). Bisogna soltanto lasciare all’empatia la libertà di esprimersi ed essa allora tende a filtrare attraverso barriere e ostacoli ideologici , linguistici, politici. Su questa base proporrei che tutti i colleghi che sono d’accordo con il rispetto delle volontà di Eluana in base a questo naturale sentimento, ovvero in quanto desidererebbero per loro stessi un trattamento analogo, indipendentemente dalle loro appartenenze culturali, sottoscrivessero una dichiarazione nella quale rifiutano l’imposizione della terapia nutrizionale nel caso si dovessero trovare in stato vegetativo prolungato e irreversibilmente permanente, naturalmente scientificamente accertato, dopo congrua osservazione, nell’ambito di un rapporto di cura eccetera eccetera. Una simile dichiarazione dovrebbe essere autenticata da un notaio e accettata dall’ordine dei medici sulla base del codice deontologico che regola i rapporti tra colleghi. Nell’ambito di tale dichiarazione ognuno dovrebbe rimarcare come la nutrizione enterale tramite sondino rientri negli atti medici e, come tale, non possa che essere effettuata da personale sanitario specificamente formato, rifiutandola dunque in qualità di atto medico specifico che non può essere imposto ai sensi della costituzione italiana.
Non so bene se è una proposta eccessiva ma ha la caratteristica di mettersi in gioco e non sulla base di appartenenze o di opinioni ma direttamente come medici-persone a cui può capitare qualcosa del genere. Inoltre una dichiarazione di medici che tirano in ballo altri medici necessariamente dovrebbe costringere l’ordine professionale a pronunciarsi riguardo al fatto che la nutrizione artificiale rientra negli atti medici, in quanto, fra l’altro, necessita di indicazioni specifiche e presenta rischi ed effetti collaterali.
Credo che un pronunciamento dell’ordine dei medici sia un punto rilevante che può influire sui contenuti della legge sulle direttive anticipate che il parlamento ha in corso d’opera, “bilanciando” la possibile influenza negativa dei pronunciamenti del comitato di bioetica del 2005 in merito. Sarebbe inoltre comunque necessario insistere sulla necessità di un pronunciamento ordini stico anche come difesa della specificità professionale di un atto medico che, se prevalesse la definizione del comitato di bioetica, potrebbe allora essere compiuto da persone non qualificate , perché “dare del cibo” è un atto non medico eseguito da familiari, amici o badanti.
Insomma secondo me l’ordine dovrebbe pronunciarsi perchè se non viene chiaramente riconosciuta la natura di un atto medico si possono verificare rischi per i professionisti e per i pazienti:
1. Si potrebbe arrivare all’assurdità di una nutrizione artificiale per via enterale effettuata anche da persone non qualificate, a scopo di lucro, magari a prezzi concorrenziali rispetto a medici ed infermieri laddove fosse indicata (per esempio in pazienti con assistenza domiciliare per patologie croniche neurologiche ecc). In casi del genere si potrebbero facilmente generare complicanze ed effetti collaterali con gravi conseguenze, anche letali.
2. Se è possibile eseguirlo contro le espresse volontà, in quanto non atto medico ma “somministrazione di cibo”, addirittura si potrebbe arrivare a “volontari” del movimento per la vita che effettuano tale trattamento al di fuori di indicazioni mediche (pensate che incubo!).

52. GIUSEPPE GRISTINA - 19 gennaio 2009

Caro Fabio
grazie per l’intervento e soprattutto grazie per la proposta che spero possa trovare un ulteriore momento di condivisione tra tutti quei medici che intenono la loro professione anche come un impegno civile.
Certamente dispiace dover constatare che la FNOMCeO cui pure la lettera era stata ovviamente inviata non ha ritenuto di dover rispondere neppure in separata sede.
Credo che l’organismo nazionale più importante e rappresentativo di cui disponiamo dovrebbe esprimere un parere su tutta questa materia perchè sia fatta salva la dignità professionale che qui cerchiamo – certamente con molta minore rappresentatività – di difendere e per ricondurre autorevolmente ordine in una questione dove fin troppe voci hanno gridato supposte ragioni senza alcun titolo.
Grazie ancora a te e a tutti i colleghi neurologi
GIUSEPPE GRISTINA

53. Angelo Pirisi, Clinica Neurologica, Sassari - 19 gennaio 2009

Sottoscrivo totalmente la lettera aperta. Permane, tuttavia il pessimismo e la profonda sensazione di vivere in un paese ormai moribondo. Un paese che esprime se stesso attraverso una classe politica cialtrona ed ignorante, che sa vivere solo di meschine furbizie. Siamo purtroppo la minoranza, dignitosa ma minoranza. Gli altri sono la rappresentazione parlamentare del tuo vicino di casa che non paga il condominio, del furbone che posteggia nel sito riservato ai disabili, del sindacalista che “tutela solo gli amici” ed è sempre in permesso sindacale, anche al bar, mentre tu sei al lavoro.
Resistere, resistere, resistere.

54. Pasquale Gerardi - 19 gennaio 2009

Sottoscrivo completamente la lettera aperta con la speranza che possa contribuire ad affermare la intangibilità delle scelte individuali rispetto a temi come la vita e la morte ed a riportare al centro del dibattito argomenti che molti vigliaccamente evitano di trattare per un mero interesse di bottega . Liberta ed autonomia di pensiero vanno difese dai continui attacchi di una societa in cui prevale la furbizia la meschinità il calcolo anche in temi cosi fondamentali. Grazie per la vostra iniziativa che spero stimoli la coscienza di molti

55. GIUSEPPE GRISTINA - 19 gennaio 2009

QUESTA LETTERA E’ APERTA AI CONTRIBUTI DI TUTTI MA PREGO I COLLEGHI CHE DESIDERANO SOTTOSCRIVERLA DI FARSI IDENTIFICARE COME MEDICI. SE SI PREFERISCE NON CITARE LA PROPRIA AFFILIAZIONE E’ SUFFICIENTE AGGIUNGERE: “MEDICO – CHIRURGO”.
GRAZIE
GIUSEPPE GRISTINA

56. Antonio Meo - 20 gennaio 2009

NON aderisco all’appello.
Ritengo profondamente sbagliata la sentenza che autorizza la rimozione del sondino a Eluana Englaro per i seguenti motivi.
1) L’accertamento del reale pensiero di Eluana, soprattutto trattandosi di una decisione così radicale, non può essere basato su una ricostruzione testimoniale, ma richiederebbe una documentazione formale.
2) E’ dimostrato dall’esperienza di tutti i medici (ma anche dall’esperienza di chiunque abbia vissuto una malattia propria o di un familiare) che la percezione della malattia e i relativi desideri si modificano radicalmente passando da una generica ipotesi, a una specifica previsione, a una malattia in atto. Un testamento biologico vincolante, che inchioda il soggetto a una’affermazione fatta in una situazione precedente, non è pertanto al servizio della vera libertà di scelta del paziente.
3) La Costituzione Italiana prevede la libertà di accettare o rifiutare una terapia, scelta che può essere veramente libera solo se fatta nella realtà viva e non con un atto notarile. A Eluana Englaro si attribuisce però non la volontà di decidere di una terapia, ma la volontà di non sopravvivere in certe condizioni. La rimozione del sondino non è perciò il fine, ma il mezzo per raggiungere il vero obiettivo, che è la morte. Anche se fosse espressa attualmente e validamente, una tale richiesta sarebbe una richiesta di eutanasia omissiva. Allo stato attuale la legislazione italiana non prevede che la morte sia un diritto, per nessuno. Chi è favorevole all’introduzione dell’eutanasia ha il diritto di condurre la sua civilissima e legittima battaglia nella sede appropriata, che è quella politica. Non è corretto che tale operazione sia fatta dalla magistratura, che deve invece far rispettare le leggi approvate dal Parlamento.
4) Pur fortemente contrario all’introduzione legale dell’eutanasia, ho pieno rispetto di chi si batte per introdurla, a cominciare dal Sig. Englaro, che ammiro per i coraggio con cui non ha solo voluto risolvere un suo problema personale, ma si è esposto per dare il suo apporto alla società italiana. Proprio in questa sua funzione civile, egli tocca argomenti relativi alla gestione del bene comune, e su questi argomenti non concordo con lui. Ogni dialogo è impossibile senza il rispetto, che spero sia sempre presente in entrambi gli scheramenti.

57. Arianna Cozzolino - 20 gennaio 2009

Con piena condivisione e con tutta la “pietà” che, dalla etimologia greca, nella mia vita e nella mia professione mi ha sempre imposto di rispettare e non violare mai la volontà dell’altro.
Arianna Cozzolino
Medico Servizio domiciliare Cure Palliative
Milano

58. Oscar Bertetto - 20 gennaio 2009

Nulla è più pericoloso della ideologizzazione su questi temi. Occorre battersi sempre perchè prevalga il ragionamento pacato, la libertà di scelta e di espressione, la verità contro le bugie interessate.
Per questo sono al vostro fianco.

59. Adriano Boz - 20 gennaio 2009

La vita non è una malattia ma è sicuramente mortale.
Il problema sociale è su chi può e deve decidere e sul fatto che chi può e deve decidere sia anche la persona o l’istituzione che deve poi agire?
Non trovo corretto che chi deve agire non abbia anche la possibilità di decidere.
Parlando di Eluana chi può decidere?
Abbiamo socialmente raggiunto un accordo su chi deve decidere?
Domanda, perchè Beppino Englaro, se, e ripeto se (io non lo so), è lui che può e deve decidere non agisce di conseguenza e porta a casa sua figlia se ritiene che ciò che le viene praticato (cure o quant’altro) non si debba continuare?

60. pietro giacomo menolfi - 20 gennaio 2009

I Medici Italiani devo temere molto meno le contaminazioni batteriche di quelle ideologiche e politiche.
La nostra professione è in uno stato “infetto e setticemico” avanzato.
Dire che gli untori, dicasi politici di turno, andrebbero ripuliti sembrerebbe qualunquismo, se non fosse che quotidianamente dobbiamo prendere misure precauzionali per non soccombere.

61. Maria Guarino - 20 gennaio 2009

Sottoscrivo completamente la lettera aperta e ritengo estremamente grave la posizione esclusivamente ideologica e prevaricatrice della volontà del malato, unico vero interlocutore del curante
Maria Guarino
Neurologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria S.Orsola-Malpighi, Bologna

62. Vincenzo Antinucci - 20 gennaio 2009

Credo che i problemi a volte insormontabili che si stanno creando in campo bio-etico da un po’ di tempo a questa parte, sostenuti soprattutto dalla componente cattolica del nostro paese, siano legati ad una crisi profonda che sta attraversando la stessa Chiesa Cattolica specie nelle componenti simboliche della fede: si scambia continuamente la vita simbolica con la vita biologica e si trasferisce su questa tutta la carica appunto simbolica della prima. Quando il Cristo diceva: “Io sono la via, la verita’ e la vita” non si riferiva certo alla vita biologica di cui stiamo discutendo e su cui dovrebbero potersi pronunciare tutti, indipendentemente dalla fede. Nel caso Englaro il pronunciamento c’e’ stato e fa un po’ pena vedere un Ministro che, pressato evidentemente da oltretevere, ricorre ad una sorta di ricatto che di cristiano non ha nulla. Plaudo all’iniziativa della lettera aperta (che spero apra gli occhi anche ai colleghi credenti) e al tono civile che si vuol dare ad essa.

63. Lorenzo Boncinelli - 20 gennaio 2009

Sottoscrivo la lettera aperta. Sul caso Englaro c’è una volontà dichiarata da Eluana, appurata dai magistrati. E’ proprio da questa volontà che è emersa la decisione della Suprema Corte. Pertanto occorre eseguire tali disposizioni ed è lo Stato che deve provvedere.
Il problema della fine della vita, invece, è un problema che ci riguarda tutti noi medici quotidianamente. Occorre a mio avviso intraprendere il percorso del morire come un percorso di “cura”, instaurando un alleanza con il paziente (quando è possibile) e con la famiglia, proseguendo la nostra azione anche nel periodo del lutto. Solo così, noi medici, potremo riconquistare una piena fiducia nell’opinione pubblica (perduta in questi ultimi anni, basta vedere come sono aumentate le denunce nei confronti del personale sanitario). Ciò si ottiene in larga misura migliorando la comunicazione con i pazienti/familiari, e forse anche “aprendo” le nostre terapie intensive ai parenti, cioè lasciare l’orario delle visite più ampio (almeno 6-7 ore nel pomeriggio). Questo favorirebbe quel dialogo auspicato da mollti dei firmatari di questa lettera aperta, perchè un trattamento di fine vita deve essere preso si dal medico, ma coinvolgendo i familioari, rievocando la volontà del paziente.

64. Stefania Magi - 20 gennaio 2009

sono una neurologa ospedaliera e condivido i contenuti della lettera

65. gennaro savoia direttore uosc anestesia e rianimazione pediatrica h. cardarelli napoli - 20 gennaio 2009

Nel sottoscrivere pienamente i contenuti e lo spirito della lettera , voglio esprimere una serie di perplessità sul futuro del lavoro in area critica : offrire un percorso rianimativo non può msi essere per sempre ; deve essere sempre considerato come un trial , una chance di soppravvivenza , mai come una strada di non ritorno e sempre nel rispetto della volontà espressa dal paziente . La nutrizione artificiale è nata negli anni 60 per migliorare il percorso dei pazienti sottoposti ad interventi chirurgici impegnativi ; prima c’era solo l’idratazione ; poi è stata trasformata in opportunità terapeutica permanente a vita ; va considerata ovviamente come tutte le altre terapie .

66. Piero Farneti - 20 gennaio 2009

condivido pienamente da medico, neurologo e, soprattutto, da cittadino rispettoso della Costituzione e da democratico il contenuto e la sostanza della dichiarazione

67. sergio guglielmi - 20 gennaio 2009

Rivendico fortissimamente come individuo il mio diritto ,inalienabile da parte di qualsiasi stato, di decidere il destino circa la mia vita.Una legge minuscola che permetta a ciascuno di porre i paletti alle terapie riabilitative e di NA da ricevere,nel caso di non trovarsi in condizione di esprimere la propria volontà.Nè Stato nè Chiesa hanno il diritto di limitare la libera volontà di ciascun individuo su questo argomento.

68. ALESSANDRO SEGANTINI - 20 gennaio 2009

Con grande piacere aderisco a questa iniziativa e sottoscrivo aggiungendo alcune piccole considerazioni che vorrei rivolgere civilmente ai vari Sacconi, Roccella e altri sulla stessa “barricata”.

EUTANASIA?
Provocare la morte dolce e di sollievo ad una Persona che ti chiede di agire in tal modo. Avete ragione, non c’e’ legge che tenga nel nostro paese. Ma un conto e’ provocare attivamente e un conto e’ smettere di lottare. Mio padre esausto da oltre 2000 sedute di dialisi peritoneale in un solo anno, senza alcuna prospettiva e afflitto da una terribile (per lui, uomo di grande coraggio) qualità della vita mi guardò negli occhi e mi disse che non voleva più. Non voleva più mangiare, bere e fare dialisi. Mi guardò con la sua
abituale dignità e mi sorrise come non dimenticherò’ mai. Io dissi che avrei accettato serenamente le sue decisioni perché lo rispettavo e lo amavo infinitamente. Se ne andò con me e noi intorno, come desiderava. Ho commesso reato di eutanasia, secondo Voi, semplicemente non imponendogli cibo, acqua e cure mediche? Mio padre poteva esprimere la sua volontà. Eluana no. Solo la memoria e l’inattaccabile e inavvicinabile amore dei suoi genitori può darle voce. Dobbiamo ignorare quella voce?

POTERE GIUDIZIARIO?
Il tribunale ha solo tentato di accertare se la riferita volontà di Eluana era credibile (sondino o cucchiaio non c’entrano!). Voi pensate che papa’ e mamma Englaro abbiano mentito? Io no, mi fido di loro come mi sono sempre fidato dei miei genitori. Un pezzo di carta autografa (un civilissimo testamento biologico) avrebbe cambiato così’ tanto le cose? Se non hanno mentito, essi danno solo a Eluana la voce che non ha più’ e quindi la mettono nella stessa condizione di mio padre, di Giorgio Welby o delle tante altre Persone che io ho visto scegliere, con enorme dignità’, di non più’ vivere chiudendo semplicemente la bocca e/o rifiutando interventi medici. E credo che nessuno possa obbligare con la forza una Persona a vivere contro la propria volontà. Oppure Voi pensate che si debba?

VITA CONCEPITA COME DONO?
E’ molto bella la concezione che Voi spesso citate da cristiani credenti. Ma cosa potete fare se parlate con un laico, un musulmano, un buddista, un induista, un ebreo oppure solo con una Persona Umana senza etichetta che così non sente? Non gli dovete anche Voi, non gli dobbiamo anche noi tutti ascolto, attenzione e rispetto per la sua diversità di sentire?

Dr. Alessandro Segantini
Medico di medicina generale – Pediatra – Neonatologo
Domaso- Alto Lario

69. Rocco CHIARO Servizio di anestesia e rianimazione Ospedale di Corigliano Cal. ( CS ) - 20 gennaio 2009

Sono un anestesista rianimatore e condivido e sottoscrivo il contenuto della lettera , preciso inoltre che ciò che si continua a fare sul corpo di Eluana è un atto di pura ed inaudita violenza in nome un attaccamento ad una morale che nulla ha a che fare con la dimensione umana e rligiosa della vita ma che nel corso dei secoli ha dato origine alle guerre sante e agli integralismi religiosi . Ritengo che la Vita sia ben altra cosa rispetto a quella che si sta attribuendo ad Eluana . Vivere vuol dire gioire di tutte le cose del Creato e ciò non è possibile per Eluana quindi Lei non vive ma vegeta ormai da anni e non vi è alcuna possibilità di uscire dallo stato vegetativo in cui si trova . Tutto ciò che viene fatto su di Lei e da considerare un accanimento terapeutico che offende la dignità e la sacralità della vita , in questo sono confortato dalle parole che disse lo stesso Papa Paolo VI .
Suscita indignazione la presa di posizione del ministro Sacconi che tornando indietro nella storia è approdando agli anni più bui del medio evo negando il progresso scientifico per far trionfare l’ingnoranza e la superstizione in linea con la parte più gretta , retriva ed integralista del clero italiano .

70. Ivan Spallitta - 20 gennaio 2009

condivido i contenuti della lettera. Non viè alcuna discrepanza tra i dati scientifici, la scelta etica della famiglia Englaro, le leggi dello stato.
Ivan Spallitta (chirurgo)

71. Claudia Ceccarelli - 20 gennaio 2009

sono endocrinologa e come tale ho soltanto saltuariamente contatto con le patologie neurologiche e terminali. tuttavia da medico, da cittadina che difende i diritti civili e da persona che solidarizza con gli indifesi aderisco pienamente alla lettera nei suoi contenuti e nel suo significato. vorrei che a questo appello fosse data una maggiore pubblicità.

72. Alessandra Longhi - 20 gennaio 2009

sono oncologa ,ho lavorato coi paz terminali e sono assolutamente d’accordo con la decisione presa dalla magistratura e sono inorridita dal comportamento di Sacconi che prevarica la giustizia .
CONDIVIDO E SOTTOSCRIVO LA LETTERA

73. paolo marani - 20 gennaio 2009

Condivido pienamente e per quel che posso appoggio l’iniziativa.

74. Carlo De Luca - 20 gennaio 2009

sottoscrivo in pieno, con molta tristezza

75. Giovanni Paglialonga - 20 gennaio 2009

Sono un ostetrico-ginecologo in pensione. Sottoscrivo. e aggiungo. L’idratazione e l’alimentazione artificiale, come la ventilazione artificiale, in stato vegetativo permanente sono a tutti gli effetti
” accanimento terapeutico”, che è stato bollato in modo netto e chiaro dall’ultimo Codice di Deontologia Medica.
Come viene riconosciuto il diritto all’obiezione di coscienza, perchè non viene riconosciuto, da parte di questi obiettori con annesse le loro varie chiese, il diritto di dire “basta” a questi comportamenti ritenuti disumani da tutti coloro che non si riconoscono nei dogmi o verità rivelate? C’è qualcuno in grado di far accettare a questa gente, compresi anche alcuni colleghi ma soprattutto a J. Ratzinger, diventato il “vero” giudice e legislatore in Italia, che Il Medio Evo è tramontato da qualche secolo? e che noi, già “illuminati”, vorremmo evitare per il loro bene un’altra rivoluzione alla francese(e non “all’italiana”)?

76. Bruno Andreoni - 20 gennaio 2009

Se verrà applicato l’atto di indirizzo di questo Governo (“Vietato interrompere la nutrizione artificiale nelle strutture pubbliche e private del SSN” ) sarà necessario garantire il diritto a una nutrizione artificiale adeguata a tutti i Pazienti terminali e a tutti i Pazienti con malattia di Alzheimer avanzata: ci sarà una indigestione di PEG. Naturalmente in Hospice e in RSA (“Strutture pubbliche e private accreditate”) un parente potrà denunciare i Medici e gli Infermieri se non garantiranno una adeguata nutrizione artificiale.
Speriamo sia fatta finalmente la volontà di Eluana e dei suoi genitori.
Speriamo che il dibattito politico sulle Direttive Anticipate di Trattamento sia civile e maturo con una legge conseguente che rispetti la volontà consapevole dei Cittadini.

77. marinella astuto dip. anestesia e rianimazione policlinico univ. di catania - 20 gennaio 2009

Questa lettera rispetta le diverse opinioni, le diverse religioni, i diversi modi di pensare perchè cerca di evitare di trasformare questioni etiche in guerre “religiose” e “politiche”.
Il rispetto della volontà di chiunque di morire in modo dignitoso senza dolore, è un concetto molto più “religioso” e meno laico di quanto viene continuamente ripetuto !
il rispetto degli altri, sempre ,in qualunque situazione, per chiunque di qualsiasi razza e religione è doveroso in una società….morale

78. Mario Nicolosi - 20 gennaio 2009

Questa è prima di tutto una battaglia di civiltà…combattiamo!!

79. Vincenzo Gulino - 20 gennaio 2009

NON ADERISCO all’appello, concordando pienamente con quanto espresso dal Collega Antonio Meo.
Approfitto per esprimere, da medico, laicamente, e da persona non schierata politicamente, tutto il mio appoggio al “diavolo”, ovvero al Ministro Sacconi ed al Sottosegretario Roccella, per la responsabilità che hanno saputo assumersi su questi temi.
Sono uno psichiatra che, se essere “illuminati” significa minacciare una rivoluzione alla francese, preferisce abbassare un pò la luce per vederci meglio.
P.S. Non vorrei andare fuori tema, ma mi piace anche il Medio Evo, e penso che la medicina gli debba molto. Cito a caso: la nascita degli Ospedali moderni e delle Università, grazie a quel campione di oscurantismo antiscientifico ed antiumano che era ed è la Chiesa Cattolica nella visione di molti, purtroppo anche Colleghi; Averroè, Avicenna e la scuola araba; la scuola salernitana, con le prime donne medico che insegnano all’Università, e così via.
Mi ripeto: se quelli erano secoli bui, mi piacerebbe che si abbassasse un pochino la luce anche oggi. Paradosso e metafora, meglio specificare…

80. Laura Stancari - 20 gennaio 2009

condivido e sottoscrivo l’appello, a differenza di Vincenzo Gulino ,poichè ritengo l’intervento di Sacconi e Roccella contrario ad uno “Stato di Diritto” e quindi indebito e ricattatorio. Faccio mie le parole di G. Mura (La Repubblica) rivolte alla famiglia Englaro: “se potete perdonateci”

81. gianfranco miloro - 20 gennaio 2009

condivido pienamente l’appello, spero solo in un sussulto di civiltà, cosa che purtroppo sembra sempre più allontanarsi dal nostro povero Paese.
Gianfranco Miloro
direttore servizio di medicina trasfusionale
taranto

82. Paolo Barbier - 20 gennaio 2009

Sono un cardiologo ospedaliero. Condivido in toto il contenuto della lettera.

83. Angela Mazzocchi Internista/Nutrizionista - 20 gennaio 2009

Sottoscrivo con convinzione la lettera ma vorrei sottolineare l’importanza che ha un uso corretto delle parole.
In particolare, il termine “Eutanasia” non equivale ad “attuazione di direttive anticipate”
Non è eutanasia il sospendere “cure artificiali” che mantengono in vita un paziente contro la volontà che aveva espresso prima della perdita della capacità decisionale.
Il codice di deontologia in cui ci riconosciamo dichiara 1) la non liceità della eutanasia, 2) la necessità di astenersi da accanimento diagnostico-terpeutico, 3) e sottolinea che il medico “deve attenersi…alla volontà liberamente espressa della persona… e deve agire nel rispetto della dignità, libertà ed autonomia della stessa….deve tener conto di quanto precedentemente manifestato dallo stesso…”
L’insistere nel non tener conto del sottile ma profondissimo solco che separa l’Attuazione delle Direttive anticipate dalla Eutanasia, contribuisce a creare e mantenere conflitti anche pretestuosi.
Ciò impedisce anche che sia approvata una legge che dia valenza giuridica alle indicazioni del paziente.
Mi sento vicina alla famiglia Englaro e sono indignata per l’arroganza e la superficialità con cui ci avviciniamo alla loro sofferenza; nello stesso tempo condivido le scelte di pazienti che lottano per vivere anche un solo giorno in più, pur nel dolore o nella disabilità.
Ringrazio gli estensori della lettera che spero contribuisca alla rapida approvazione di una legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento ( personalmente mi riconosco nella proposta di Ignazio Marino)

84. Diego Sabbi Medico di Medicina Generale - 20 gennaio 2009

Condivido in pieno la lettera ed i toni pacati con i quali si affronta un argomento delicato e che attiene alle coscienze personali ma che certamente deve essere affrontato e descritto anche con le armi della scienza

85. Roberto Piazzalunga (già cardiologo ospedaliero) - 20 gennaio 2009

Tutto quello che si poteva dire sull’argomento è già stato autorevomente detto. Rimane il dispiacere per la sofferenza dei genitori di Eluana e il disappunto di vivere in un Paese dove l’ideologia di alcuni prevarica brutalmente la libertà individuale dei cittadini. Libertà sancita anche dalla Carta Costituzionale.

86. Rafael Fernandez - 20 gennaio 2009

Rafael Fernandez Anestesista
Sono d’accordo completamente con quanto espresso nella lettera. Resta il rammarico di vedere come l’opinione (se pur rispetabile) di un funzionario possa avere il soppravento su una decisione giudiziaria.

87. Benigno Carrara - 20 gennaio 2009

Condivido quanto espresso nella lettera, in particolare credo che si debba garantire la libertà di scelta del cittadino sul tipo di cure a cui vuole essere sottoposto, compresa la nutrizione artificiale che per la complessità dell’intervento specialistico che presuppone, in particolare per gli stati vegetativi, si identifica come un atto medico

88. Mauro Pecchioli - 21 gennaio 2009

..condivido e sottoscrivo!

89. francesco crestani-anestesista rianimatore - 21 gennaio 2009

condivido lo spirito della lettera

90. Stefano Marcelli - 21 gennaio 2009

Questa è l’epoca dei Morti Viventi. Ormai se ne vedono dappertutto, dalle case di riposo alle abitazioni private. Qualcuno decide di tenere in vita l’apparato digerente e il metabolismo epatico di qualche sfortunato, e così si dà da lavorare a medici infermieri produttori di sondini materiale chirurgico. Alle volte mi auguro una sciagura sismica tale da costringere quelli che sarebbero in grado di salvarsi a regalare la buona morte a tutti questi corpi e anime mutilati di coscienza che una società incapace di vero amore e di amministrare il denaro pubblico, con scelte sanitare inutili se non del più sadico nazismo, continua a mantenere in stato vegetativo.

Sottoscrivo la libertà di scelta.
Stefano Marcelli
medico-chirurgo
Darfo Boario Terme (Brescia)

91. Fabia Errani - 21 gennaio 2009

Condivido e sottoscrivo

92. Maria Rita Vigilante - 21 gennaio 2009

Condivido e sottoscrivo pienamente la lettera.
Ringrazio il dott.Giuseppe Gristina ,che ho avuto il piacere di conoscere personalmente, per aver citato il caso di mio figlio (Davide Marasco), mi auguro che i medici, davanti a casi così disperati e senza speranza di sopravvivenza, possano avere un pò di coscienza e pensare che arrendersi alla morte e lasciare andare i nostri cari dolcemente è un gesto di grande amore.

93. GIUSEPPE GRISTINA - 21 gennaio 2009

Sono io che La ringrazio per aver scelto, in un drammatico momento della Sua vita, di prendere personalmente parte con grande moralità e senso civico alla battaglia per l’autonomia decisionale del malato che noi medici speriamo di vincere anche in Suo nome.
Con affetto
GIUSEPPE GRISTINA

94. Berto zandigiacomi - 21 gennaio 2009

Berto Zandigiacomi
sottoscrivo totalmente la lettera,non come medico ma come cittadino ( e purtroppo concittadino di Sacconi) fiducioso che un pò di dignità e di ossequio alla Carta Costituzionale trovi posto nel nostro Paese

95. dott.ssa Cristina Bonesso - 21 gennaio 2009

Credo nel diritto di scelta del paziente e pertanto sottoscrivo pienamente la lettera condividendone il contenuto.
Dott.ssa Cristina Bonesso
Medico -Chirurgo
Specialista in Nefrologia

96. LUCIO PALMA,Neurochirurgo 21/1/09 - 21 gennaio 2009

NON ADERISCO all’appello.Condivido le osservazioni di A.Meo di ieri dal punto di vista generale. Premesso che non conosco i dettagli specifici del caso vorrei però fare alcune semplici considerazioni .
1) Cosa osta a che il padre porti la figlia a casa,rifiutando le “cure” mediche?. (inclusa l’alimentazione “forzata” : per somministrare acqua e nutrimento /base per sondino a domicilio non è necessario un medico !)
Al di là di ogni considerazione filosofica/etica/politica/religiosa etc etc ritengo infatti ingiusto ed inaccettabile che una azione o una non azione la cui conseguenza sia la morte di un essere umano debba essere compiuta da un altro essere umano (il medico) che PER PRINCIPIO (come sua essenza fondamentale) ha il fine primario di conservare la vita (e in un luogo,l’ospedale,costruito per la stessa preminente finalità).
2)Mi auguro poi che,vista anche la rilevanza “mediatica” del caso, sia stata eseguita ad Eluana una RMN-Funzionale per vedere se il suo Stato Vegetativo Persistente sia tale in tutto e per tutto e non “nasconda” sprazzi di “cosienza” ( Owen AM et al. Detecting Awareness in the Vegetative State. Ann.N.Y. Acad. Sci. 1129:130-138,2008–Panksepp J et al. : Does any aspect of mind survive brain damage that typically leads to a persistent vegetative state?Ethical considerations. Philosophy,Ethics,and Humanities in Medicine 2007,2:32)

97. davide mazzon - 21 gennaio 2009

L’ atto medico deve ispirarsi al rispetto della sacralità della vita,intesa nel senso che ad essa dà la persona alla quale la vita stessa appartiene, e NON AD UNA ACEFALA IDOLATRIA DEL CORPO. Ma ancor più grave è se l’atto medico viene perpetrato con dubbie motivazioni scientifiche condite da paternalismo medico per mascherare ambizioni professionali, magari senza tenere in considerazione la volontà della persona che lo subisce. E’ innegabile che quanto più velocemente corre il treno del progresso tecnico-scientifico, tanto più gli uomini che praticano la medicina siano esposti a questo rischio, evitabile solo se agiamo ancorati alle più consistenti evidenze scientifiche e al pieno rispetto per l’autonomia della persona malata. Aggiungo che la biblio della lettera aperta è pienamente esaustiva circa la natura e la prognosi dello stato vegetativo ma che la cosa più importante ed accertata, a tutti i livelli, nel caso di Eluana, è la sua piena volontà di essere lasciata morire in pace.

98. Antonello Murgia - 21 gennaio 2009

Concordo con il contenuto scientifico della lettera. E’ peraltro chiaro che l’opposizione al rispetto della volontà della famiglia Englaro non discende da evidenze scientifiche, ma dal consolidarsi di un gruppo di potere clericale che usa strumentalmente la materia. Purtroppo negli ultimi tempi si è fatta sempre più frequente la pretesa di alcuni di veder riconosciuto il proprio diritto non a scegliere sulla base della proprie convinzioni religiose (cosa più che legittima), ma ad imporre tali scelte a chi tali convinzioni religiose non ha o che, pur avendole, non ne fa discendere atteggiamenti così estremisti. Gli attacchi al “relativismo” rappresentano il supporto teorico di tale approccio e rappresentano una posizione antistorica che si contrappone all’insegnamento, fra gli altri, di Karl Popper

99. GIUSEPPE GRISTINA - 21 gennaio 2009

PREGO ANCORA TUTTI I COLLEGHI CHE INTENDONO SOTTOSCRIVERE DI FARLO DICHIARANDO SE NON LA PROPRIA AFFILIAZIONE ALMENO DI ESSERE MEDICO CHIRURGO
GRAZIE
GIUSEPPE GRISTINA

100. Antonello Murgia - 21 gennaio 2009

Chiedo scusa per l’omissione, che però è favorita dalla mancanza di una voce specifica nella griglia sottostante. Se volete/potete aggiungere la modifica al mio post (il n. 98):
Antonello Murgia
già responsabile della U.O.S. di Terapia Semiintensiva Respiratoria presso il P.O. “R. Bianaghi” di Cagliari-Segretario regionale della FPCGIL Medici della Sardegna

101. Dr. Salvatore Vasta, Anestesista Rianimatore, Palermo, Dr.ssa Serafina Ardizzone, Anestesista Rianimatore, Palermo, Dr. Diego Bongiorno, Psichiatra Psicoanalista, Palermo, Dr.ssa Francesca Sapuppo, Anestesista Rianimatore, Palermo, Dr.ssa Salvina Matranga - 21 gennaio 2009

L’associazione I.Change, Associazione non profit per una umanizzazione della Medicina Critica, ed il Comitato editoriale della rivista on line Timeoutiuntensiva.it, dopo articolato dibattito, aderiscono e sottoscrivono l’appello, evidenziando però alcuni aspetti venuti fuori dal suddetto dibattito che riguardano le contrapposizione, la condivisione della scelta, il testamento biologico.
Che la nutrizione artificiale sia un trattamento medico, e si configuri come trattamento sostitutivo, è ormai sancito da tutte le società di nutrizione nazionali e internazionali e dalle linee guida emanate dalle diverse società scientifiche. Le diverse situazioni cliniche suggeriscono poi di volta in volta al medico l’appropriatezza e l’idoneità di tale trattamento.
La sospensione o la mancata attuazione di tale terapia negli ultimi anni ha acceso ampi dibattiti inerenti i sui aspetti etici, religiosi e politici. Dibattiti che hanno anche travalicato a volte i confini della decenza, non rispettando il silenzio verso tragedie di vita e private che pretenderebbero un approccio delicatissimo alla comprensione, vista la complessità umana rappresentata, e non il “rumore” a volte strumentale, e la disinformazione cui si assiste.
“Rumore” che noi operatori stessi potremmo concorrere a disinnescare e svuotare, comprendendo che la contrapposizione tra esperti della materia da un lato e posizioni ideologiche dall’altro genera cecità. E’ necessario ricondurre questa contrapposizione a quello che è, o che deve essere per noi, e cioè un parlarsi tra “persone” su questo complesso problema, con punti di vista diversi ma non per questo inavvicinabili.
Per noi il rispetto della qualità di vita e la dignità del paziente e della sua autonomia decisionale, se è in grado di pronunciarla, passa attraverso la condivisione delle scelte, di decisioni spesso drammatiche da parte di un insieme, che noi di I.Change definiamo il “Gruppo Paziente”, rappresentato dal paziente stesso, dai familiari e dallo staff di cura e dal tempo dedicato alla sua cura, evitando personalismi e gesti individuali che generano paura e concorrono a rappresentarci ciechi ed onnipotenti, invece che impegnati come professionisti sensibili nel difficile compito di salvare e rispettare una vita.
Ma per attuare una condivisione delle scelte nel Gruppo Paziente è necessaria una base d’incontro che solo un Testamento biologico che accerti la volontà di sospensione potrà darci. Testamento che oramai in Italia è strettamente necessario perché paradossalmente una persona oggi può decidere di non farsi amputare un arto e morirne, ma non può decidere se in stato vegetativo di non essere nutrita e idratata chiedendo ed ottenendo la sospensione della terapia.

102. Amato De Monte. Anestesia e Rianimazione 1°. Udine. 21 gennaio 2009 - 21 gennaio 2009

Ho più volte avuto l’impulso di rispondere ma dato il mio coinvolgimento nella vicenda di Eluana Englaro, ho tenuto fede al patto fatto con il papà Beppino, di mantenere un profilo defilato e di silenzio sull’argomento fino a che la sua vicenda personale non si sia conclusa. Ma dato il tenore dei messaggi già inviati non posso più esimermi dall’aggiungermi all’elenco. Mi limito a ribadire quanto già più volte affermato a livello personale ma che ora, sulla scorta dei pareri già espressi, può essere esteso a un ambito più generale: come professionisti siamo tenuti al ripetto dei nostri compiti istituzionali, come medici a quello del codice deontologico, come uomini al ripetto dei nostri principi e della nostra coscienza al serivio dell’Uomo e del suo diritto di autodeterminazione.

103. Associazione I.Change, Timeoutintensiva.it - 21 gennaio 2009

In relazione al Post 101 dell’Associazione I.CHANGE e del Comitato editoriale della rivista Timeoutintensiva.it, sono da aggiugere perchè non rilevate le firme della dr.ssa Grazia Alia, Anestesista Rianimatore Palermo, dr.ssa Cecilia Dolecemascolo, psicoterapeuta, Palermo

104. Alessandro Compagnoni - 21 gennaio 2009

Condivido pienamente il contenuto della lettera aperta. Vorrei osservare che il dibattito sulla definizione di “trattamento sanitario” è stato paralizzante sul piano legislativo e ha impedito un sereno dialogo tra sostenitori di un’etica laica e di un’etica confessionale.
Diverso sarebbe stato il corso degli eventi se si fosse discusso sulla inviolabilità della libertà personale (art. 13 della Costituzione). Questa è una aspirazione ancestrale dell’uomo e la sua conquista ha visto e vedrà ancora molti ostacoli.
Su questo punto si può trovare la congiunzione tra credenti e non credenti e si possono proporre comportamenti rispettosi del diritto all’autodeterminazione di ciascun essere umano.
Mi sembra questo il fine ultimo di un’etica laica che si può raggiungere solo ragionando “etsi deus non daretur”.

105. GIUSEPPE GRISTINA - 22 gennaio 2009

Carissimo Salvo e carissimi tutti voi di timeaoutintensiva
intanto grazie per la sentita partecipazione.
Il resoconto del vostro dibattito mi conferma ancora una volta nell’idea che ha fatto nascere il blog e cioè che a fronte dei tempi oscuri e per certi versi minacciosi che stiamo attraversando abbiamo bisogno di confrontarci.
Nessuno di noi (almeno non noi) ha risposte pronte buone per tutti gli usi. Forse per questo, più consapevolmente di altri, siamo disposti a cercare piuttosto che asserire.
Credo che fino a quando riusciremo ad esprimere questo bisogno di dialogare e scambiarci esperienze, idee, ma anche dubbi, incertezze riusciremo anche a non essere sopraffatti.
Per quanto attiene alle considerazioni di Alessandro Compagnoni relative al tema vero del dibattito (inviolabilità della libertà personale oppure alimentazione/idratazione come trattamento sanitario ?) credo che Alessandro abbia tutte le ragioni; peraltro Charles Sprung, autorevole intensivista, sostiene da tempo che il problema è proprio la libertà personale e non se far discendere la possibilità di interrompere la nutrizione/idratazione dal mero fatto tecnico (trattamento medico). Purtroppo però è la libertà personale che qui viene negata come ipotesi da tutti percorribile, come possibilità concreta di un avanzamento civile e di una rigenenrazione morale dell’intero paese. E’ per questo che il problema si sposta sulla questione tecnica. Ma questo accade necessariamente per il secondo argomento affrontato da Compagnoni e cioè che le Istituzioni Cattoliche non accettano di porsi nel contesto sociale ragionando “etsi deus non daretur” che per un cattolico non può significare ovviamente come se dio non esistesse ma come se dio non fosse dato: più semplicemente che noi prendiamo atto di una responsabilità che va giocata con gli altri uomini non imposta agli altri uomini.
Grazie davvero a tutti.
Andiamo avanti.
GIUSEPPE GRISTINA

106. Renato Filaferro - 22 gennaio 2009

da semplice cittadino, nel senso compiuto del termine sottoscrivo e condivido

107. giuseppe madonia - 22 gennaio 2009

Anch’io avrei un sogno e lo voglio raccontare : i medici finalmente riescono a svegliare,ma solo per alcuni minuti, tutti i pazienti in “stato vegetativo” per portare a termine un’inchiesta che vuole accertare la loro disponibilità a continuare la loro esistenza per un tempo indefinto in quel letto di rianimazione.
Ma voglio astenermi dal fare qualunque considerazione di carattere medico dal momento che queste rappresentano ,semmai, uno degli ultimi anelli di una intricata catena di istanze morali,etiche, umane,religiose,etc…
Voglio invece concentrarmi su alcune considerazioni che nascono dalla mia umana (e pertanto fallibile) condizione .Mi scuso anticipatamente per l’enfasi che magari qualcuno potrà cogliere in quanto segue,ma sappia che talora è difficile non indignarsi di fronte ad una tempesta ideologica che personalmente ritengo di stampo medievaleggiante con sfumature da nuova Inquisizione.
– 17 anni di agonia quotidiana che si traducono in migliaia di giorni di lutto per un genitore che ognuno di questi giorni ha sofferto e pianto la morte di una figlia
– L’ascolto quotidiano di campane ora minacciose,ora suadenti ,suonate da uomini di religione che nella veste di preti votati al celibato hanno dichiarato di “comprendere il dolore dei genitori,ma….” o,in altre occasioni,”di rispettare le leggi di Dio”:ma di quali leggi parlano?Che abbiano assimilato il potere della tecnologia ad una legge divina?Non sembrerebbe loro più ragionevole e perfino caritatevole,in ossequio a queste “leggi” non privare per 17 lunghi anni un essere umano delle gioie del Paradiso?
– Ma è d’altronde lecito parlare ancora di “essere umano”? Certo che no.Eluana,come tutte le altre persone nelle stesse pene, sono definiti con un eufemismo incongruo “in stato vegetativo”.Ma cosa sta in realtà vegetando?Il mondo vegetale ha incontestabilmente una pienezza di vita assoluta anche in quelle fasi stagionali di “riposo”.La chiara verità è che questa non è vegetazione ed ancor meno vita.
– Stiamo in realtà parlando di un corpo artificialmente mantenuto,incapace di gioire,di emozionarsi e tantomeno di emozionare:in effetti da un’eternità è accudita da personale oramai disilluso, indifferente,stanco e consapevole che la vita è altrove.
– E’ banalissimo,lo so,ma non bisognerebbe mai perdere l’occasione di mettersi “nei panni degli altri” ed in questo caso ed in primo luogo di Eluana e dei suoi cari.

Giuseppe Madonia
Medico – Palermo

108. Maria Del Pesce - 22 gennaio 2009

Sono neurologo ospedaliero e, assolutamente consapevole delle problematiche di cui si parla che ogni giorno quasi ci pongono davanti a scelte difficili e a problemi non solo sanitari ma umani,etici e morali. Ho sempre pensato quanto da voi esplicitato benissimo e con serietà e professionalità nel vostro documento e vi ringrazio per aver preso una posizione chiara, coraggiosa e scientificamente ineccepibile che condivido e sottoscrivo e che spero possa avere anche una funzione di informazione finalmente corretta e “neutrale” anche per chi, non operando nella sanità, giustamente è confuso e può non capire veramente quanto sta accadendo in questo contesto attualmente in Italia. Qualcosa di molto pericoloso!!!!

109. Antonio Opallo Pediatra Asl Na 4 - 22 gennaio 2009

Grazie agli estensori della lettera aperta.Finalmente!!!

110. Antonio Meo - 22 gennaio 2009

E’ mai possibile che alcuni non riescano a dibattere su un argomento senta tentare di squalificare e delegittimare la controparte? E se ci sforzassimo di di capire cosa la controparte realmente dice?
Contro la rimozione del sondino ad Eluana Englaro si sono espressi non solo esponenti del clero celibe, ma anche laici con moglie e figli, come il sottoscritto, e anche non credenti, e anche medici che seguono abitualmente pazienti nella situazione di Eluana Englaro.
Le argomentazioni contro la rimozione del sondino si basano non solo sulla volontà di Dio, ma anche sulla preoccupazione per tutta una serie di conseguenze che la sentenza, approfittando del caso specifico, introduce nella vita civile, e che vanno ben al di là della giusta preoccupazione per il rispetto della volontà individuale. Ci sono posizioni che è legittimo portare avanti, ma con altri metodi (vedi il punto 3 del mio intervento – N. 56).
Per giunta ci sono validi motivi per sostenere che questa gestione del caso non sia neppure veramente rispettosa della volontà della paziente (vedi il punto 2 del mio intervento – N. 56). Il giusto rispetto della volontà del singolo può essere ugualmente e meglio garantito con un po’ di prudenza in più.
Infine la posizione di chi è contrario alla rimozione del sondino NON è quella di essere favorevole alla sopravvivenza a tutti i costi, con ogni accanimento: forse è bene conoscerla un po’ meglio. La problematica è estremamente ricca di implicazioni di varia natura sulla la convivenza civile: evitiamo se possibile le semplificazioni eccessive.

111. Massimo Farneti Pediatra di comunità AUSL di Cesena - 22 gennaio 2009

Rispetto tutte le posizioni ma vorrei tanto che si rispettasse la volontà di Eluana che la sentenza ha stabilito essere stata quella di non accettare alcun accanimento terapeutico.

112. GIUSEPPE GRISTINA - 22 gennaio 2009

Gentile Signor Meo,
Ritengo intanto di poter dire che tutti gli interventi – miei compresi – sono stati fino ad ora improntati ad assoluta pacatezza ed al tentativo di comprendere.
Quindi La pregherei di rileggerli con grande attenzione prima di affermare quanto in esordio del Suo intervento.
Chiarito questo punto, vorrei prima di tutto sottolineare che quello che Lei sostiene e cioè: “Contro la rimozione del sondino ad Eluana Englaro si sono espressi non solo esponenti del clero celibe, ma anche laici con moglie e figli, come il sottoscritto, e anche non credenti, e anche medici che seguono abitualmente pazienti nella situazione di Eluana Englaro”, non fa evidenza scientifica.
Fa, semmai, opinione. Rispettabile, ma pur sempre opinione.
Mi permetto di ricordarLe che nella nostra lettera è proprio a questo che facciamo riferimento: ai pericoli di un uso distorto della scienza.
Vorrei inoltre aggiungere che la sentenza emessa dalla Corte di Cassazione sul caso della Signora Eluana Englaro, è un pronunciamento specifico emanato su richiesta del padre, suo tutore legalmente riconosciuto.
Pertanto, allo stato attuale, questa sentenza non può aprire la “china scivolosa” che Lei paventa per il semplice fatto che è appunto una sentenza e non una legge.
Non mi pare che la Corte di Cassazione sia istituzionalmente deputata a varare leggi.
I suoi timori sarebbero giustificati solo se il Parlamento avesse approvato una legge non condivisa da alcuni (o da molti).
Proprio di questi tempi, nel rispetto delle regole democratiche, si stia discutendo nelle Commissioni Parlamentari un progetto di legge definito “testamento biologico”.
Quando la legge sul testamento biologico sarà divenuta legge dello Stato (se mai ve ne sarà una), allora si potrà discutere dei rischi o delle tutele che ne deriveranno ai cittadini.
Vorrei poi ancora sottolineare che proprio perché la sentenza della Corte di Cassazione sul caso della Signora Eluana Englaro è una sentenza per quella specifica persona (cui viene riconosciuto il diritto a vedere rispettate le sue volontà) essa deve avere seguito.
E nessuno può o deve impedirlo.
Non perché questo sia il volere di un pugno di facinorosi, ma perché queste sono le regole nel nostro paese: una sentenza della Corte di Cassazione si attua.
Circa poi l’attendibilità delle volontà e delle testimonianze corre appena l’obbligo di segnalare che la sentenza giunge dopo 17 anni di udienze, ricorsi, perizie e quanto altro. Quindi dopo un vaglio quasi ossessivo.
Non vedo francamente sulla base di cosa si possa ancora mettere in discussione l’attendibilità del lavoro svolto dalle Corti che di questo caso si sono interessate. A meno che non si voglia pensare ad un gigantesco complotto di cui la Magistratura sarebbe il braccio militare.
Sul punto riguardante l’eutanasia da Lei definita “omissiva”, vorrei ricordare che il rifiuto ai trattamenti è un diritto della persona, ancorchè rappresentato da un tutore, quindi mi pare che definire eutanasia un caso di rifiuto dei trattamenti significhi soltanto generare confusione. Confusione di merito e di ruoli (il rifiuto di un trattamento è del malato ed è un diritto, l’eventuale eutanasia è di chi opera sul malato ed è un reato).
Se poi come Lei dice (suggerendo più che correttamente di evitare semplificazioni) che la posizione di chi è contrario alla rimozione del sondino non è quella di essere favorevole alla sopravvivenza a tutti i costi e con ogni accanimento, Le sarei grato se potesse spiegare cosa significano per Lei 17 anni trascorsi come li ha trascorsi fino ad oggi la Signora Eluana Englaro e cosa si dovrebbe fare per esaudirne la richiesta.
Perché è fuor di dubbio che qualcosa bisognerà pur fare.
Grazie
GIUSEPPE GRISTINA

113. Antonio Meo - 22 gennaio 2009

Io vedo l’eutanasia come azione OD OMISSIONE finalizzata a ottenere la morte, con motivazioni compassionevoli.
Se nel tentativo di salvare la vita a un paziente devo porre in opera trattamenti che comportano per il paziente un impegno e una sofferenza eccessivi rispetto ai risultati che ci si possa ragionevolmente attendere, questo è accanimento, e devo evitarlo.
Se in un neonato Down affetto da polmonite io ometto il normale trattamento antibiotico perchè ritengo che un Down soffrirebbe troppo in questa vita, e approfitto della polmonite per farlo morire, si tratta di eutanasia omissiva.
Nel caso specifico l’idratazione e l’alimentazione tramite sondino non sono trattamenti inutili o spoporzionati, perché il loro scopo non è di guarire la patologia neurologica, ma di garantire l’apporto idrico e nutrizionele, cosa che stanno facendo benissimo senza essere fonte di sofferenza.
In questo caso la supposta sofferenza di Eluana Englaro non è affatto causata dal trattamento, ma sarebbe caso mai da imputare alla situazione esistenziale, pertanto si vuole interromperla ponendo fine all’esistenza, attraverso la sospensione dell’apporto idrico e nutrizionale.
Lei chiede cosa bisogna fare per esaudire la richiesta della Signora Englaro, accettando per essa e per ogni altro caso analogo che una dichiarazione (diamola per valida) espressa tanti anni fa sia valida per sempre. Questo è un passaggio che crea di fatto un testamento biologico vincolante, io ripeto quanto già detto: “E’ dimostrato dall’esperienza di tutti i medici (ma anche dall’esperienza di chiunque abbia vissuto una malattia propria o di un familiare) che la percezione della malattia e i relativi desideri si modificano radicalmente passando da una generica ipotesi, a una specifica previsione, a una malattia in atto. Un testamento biologico vincolante, che inchioda il soggetto a una’affermazione fatta in una situazione precedente, non è pertanto al servizio della vera libertà di scelta del paziente”.
Pertanto finché Eluana Englaro sopravviverà da sé, con i trattamenti di un normalissimo paziente, però evitando accanimenti (come sopra descritti), qualunque azione od omissione finalizzata alla morte andrà secondo me evitata.
Ovviamente le mie sono opinioni, ma a questo riguardo non possono che essere opinioni anche le sue.
Tuttavia non pretendo di voler convincere nessuno: con i miei interventi volevo solo ricordare che chi si esprime in senso contrario non è necessariamente un intergalista religioso o un uomo “senza pietà”, come ho sentito ripetere spesso in questi giorni.

114. ANTONIO LETTIERI UOA Anestesia e Rianimazione Chivasso (To) - 22 gennaio 2009

Ripristinare lo Stato di diritto e la verità scientifica…Ma dove, di grazia? In questi anni sventurati, in Italia? Su via! Macerie ovunque…tra unti e bisunti del signore, atei devoti, verità rivelate (altro che scientifiche!). Ci tocca, nel terzo millennio, reclamare ancora il rispetto della libertà individuale e dell’ autodeterminazione…
Sottoscrivo con un pizzico di rabbia e tanta disillusione.

115. gian luca bettini - 23 gennaio 2009

grazie. uno spiraglio di luce nella nebbia di un medioevo tutto italiano. da mmg esprimo la mia solidarietà alla famiglia Englaro.

116. Andrea Caglià - 23 gennaio 2009

Condivido, sottoscrivo e ringrazio

117. GIUSEPPE GRISTINA - 23 gennaio 2009

QUESTA LETTERA E’ APERTA AI CONTRIBUTI DI TUTTI MA PREGO I COLLEGHI CHE DESIDERANO SOTTOSCRIVERLA DI FARSI IDENTIFICARE COME MEDICI. SE SI PREFERISCE NON CITARE LA PROPRIA AFFILIAZIONE E’ SUFFICIENTE AGGIUNGERE: “MEDICO – CHIRURGO”.
GRAZIE
GIUSEPPE GRISTINA

118. Giorgio Garino - 23 gennaio 2009

Da semplice Cittadino e da fruitore del servizio sanitario esprimo il mio apprezzamento per l’iniziativa e sottoscrivo la lettera.
Un atto di coraggio (in questa Italia) e uno spiraglio di luce.
Grazie
Giorgio Garino

119. Prof. David ZERBI, L.D. in Neuropsichiatria, Primario Emerito di Neurologia dell'Osp. San Carlo B. Milano - 23 gennaio 2009

Da un lato come neurologo con 45 anni di esperienza ospedaliera, ma dall’altro come cittadino italiano, sottoscrivo pienamente la lettera, il suo contenuto, lo spirito e il sostegno a Beppino Englaro

120. 100 Top Posts, Blogs Italiano Wopdrpess 22/1/2009 + 3/12/2008 « Kopanakinews’s Weblog - 23 gennaio 2009

[…] Sottoscrivi lettera aperta… Siete invitati a sottoscrivere la lettera aperta: “Stato Vegetativo, Nutrizione Artificiale, Prematuri Estremi: […] […]

121. Riccardo Bosco - 23 gennaio 2009

Condivido e sottoscrivo la lettera come cittadino e come anestesista rianimatore da trent’anni.

122. Francesco Valerio Dirigente Ortopedico P.S. CTO Napoli - 23 gennaio 2009

Credo che bisogna impegnarsi nello sviluppo della conoscenza in tutte le sue espressioni e sono certo che la diffusione della informazione sia alla base di questo sviluppo. Occorre ricercare il miglioramento della qualità della vita e sprattutto adoperarsi per vivere con dignità. In caso di malattia grave ciacuno di noi deve averne consapevolezza, ciò può facilitare l’accettazione della sacralità della vita anche quando condizioni patolgiche la accompagnano. Bisogna riuscire ad accettare la malattia come compagna di strada, sopportando il peso della riduzione della propria libertà. Alla stessa maniera e con la stessa intensità credo che occorra evitare inutili accanimenti nei confronti di malati terminali o verso l’individuo che continua a mantenere alcune funzioni vitali del corpo soltanto per lo sviluppo della conoscenza medica e delle tecnologie, per questo occorre consentire a tutti una morte dignitosa. Il fine etico di ogni religione pone alla sua base il principio del rispetto della dignità dell’uomo. La società civile si mantiene sul principio della osservanza delle leggi. Diffondere l’informazione, aumentare la conoscenza, garantire il dialogo aumenta il grado di civiltà collettivo favorendo la elaborazione di leggi per il rispetto dell’individuo. Come Medico Chirurgo approvo e sootoscrivo la vostra lettera.

123. Roberto Piazzalunga - cardiologo ospedaliero in pensione - 23 gennaio 2009

Leggendo le argomentazioni riportate nella garbata discussione fra il sig. A. Meo e Giuseppe Cristina, mi colpisce il paragone che viene fatto fra il caso Englaro e un neonato Down, come anche la considerazione che l’unico elemento effettivamente rilevante sia il dolore fisico che una terapia può provocare!
Mi chiedo come categorie quali la libertà , la volontà individuale e la dignità che la persona intende mantenere nel momento finale possano essere considerate di nessuna importanza. Ancora, come una sentenza della Corte di Cassazione (con relativi studi e consulenze) arrivata dopo 17 anni possa essere considerata così poco rilevante.
Temo che il motivo sia il solito e cioè l’impossibilità di dialogo fra la laicità, che potrebbe anche essere modificata da altri argomenti razionali, e le ideologie.

124. Antonio Meo - 23 gennaio 2009

Non ho fatto nessun paragone, ho solo usato l’esempio del neonato Down per spiegare ciò che intendo per eutanasia e cosa la distingue dal rifiuto dell’accanimento terapeutico.
Non ritengo che solo il dolore fisico possa rendere eccessivo e sproporzionato un trattamento, e quindi configurarlo come “accanimento”; ma qui cosa cambia? nel caso di Eluana qualunque tipo di sofferenza si possa ipotizzare, NON è causata dal sondino ne’ da altri trattamenti.
Il Dott. Piazzalunga ricorda le categorie di libertà, volontà individuale e dignità.
Per quanto riguarda la dignità, è un punto delicatissimo: ritenere che la dignità di un essere umano sia sminuita o magari annullata da una qualsiasi patologia è una filosofia possibile, ma apre a prospettive inquietanti. Il richiamo alla libertà (evito di riproporre i dubbi sulla reale volontà di Eluana Englaro) pone invece domande importanti: “Non entro nel merito delle scelte personali, e lascio ciascuno libero di autodeterminarsi”. E’ un principio sacrosanto, ma assolutizzarlo, anche di fronte alle questioni di vita o di morte, come fanno le argomentazioni che leggo in questo dibattito, comporta una coseguenza inevitabile: un suicida non può essere fermato, impedire un suicidio è un reato contro la libertà, una persona che non può o non si sente di suicidarsi ha diritto che qualcuno lo faccia per lui, e lo stato deve garantirglielo.
Di fronte a questa affermazione ci sono due possibili risposte: la prima è: “Ebbene sì, è ciò che vogliamo”. Bene, viva la coerenza, ma questo è uno stravolgimento dei principi giuridici vigenti, compito eventualmente della politica, non della magistratura.
L’altra risposta è invece: “Non stiamo sostenendo che un suicidio non possa essere fermato”. Dopo aver dato una scorsa ai tanti commenti qui sopra pubblicati chiedo se ne siete proprio sicuri.

125. Poggi Donatella - 24 gennaio 2009

Ritengo che ogni persona debba essere lasciata libera di decidere del tipo di vita che si vuole portare avanti. Se arrivati a un certo momento si ritiene che non sia più dignitoso per se stessi e angosciante per le persone che ci vivono accanto e ci amano continuare a vivere è lecito che si possa scegliere di dare termine alla propria esistenza. Ci vuole dignità anche nella morte! Forse è difficile oggi comprendere questo messaggio poichè non vi è più dignità neppure nella vita quotidiana. Voglio avere il diritto di scegliere come morire senza dovere addossare scelte ad altri!Le mie volntà espresse in vita devono essere rispettate nel momento in cui io possa più esprimerle: questa è civiltà. Donatella Poggi

126. Margheri Lara, Tosolini Loredana, Margheri Dante - 24 gennaio 2009

Secondo noi è giusto e corretto rispettare la volontà di una persona, quindi sottoscriviamo e condividiamo

127. Margheri Lara - 24 gennaio 2009

Non ci dovrebbero essere molte parole basterebbe avere cuore e coscienza…io ce li ho per cui sottoscrivo e condivido

128. GIUSEPPE GRISTINA - 24 gennaio 2009

QUESTA LETTERA E’ APERTA AL CONTRIBUTO DI TUTTI
PREGO PERO’ I COLLEGHI CHE DESIDERANO SOTTOSCRIVERLA DI FARSI IDENTIFICARE COME MEDICI. E’ SUFFICIENTE AGGIUNGERE: “MEDICO – CHIRURGO”.
GRAZIE
GIUSEPPE GRISTINA

129. Enza Abbinante Enrico Lauta a "medici-chirurghi" - 24 gennaio 2009

Cito Galimberti :” …la coscienza medica è davvero ristretta, ed è molto dubbio che sia più etico chi si attiene alle proprie convinzioni religiose, senza farsi carico delle conseguenze individuali e sociali delle persone a cui nega l’intervento, (del trattare o del non trattare), rispetto a chi questo carico se lo assume per compassione,per tolleranza umana, per volontà di aiutare (anche a morire).” e continua…”la coscienza a cui si appellano gli obiettori è quella ristretta alle proprie convinzioni o è quella che si fa carico della condizione umana individuale e sociale?”
Condividiamo e sottoscriviamo la lettera!

130. Roberto Piazzalunga - cardiologo ospedaliero in pensione - 24 gennaio 2009

Non credo che la sopravvivenza – grazie alla medicina moderna – di alcuni organi ed apparati possa significare vita di una persona (vedasi sull’argomento anche quanto scritto da Umberto Galimberti).
Inoltre non vorrei che si mettessero in allarme coloro che attendono una cospicua eredità, infatti si potrebbe sempre dire che un momento prima della morte lo zio d’America ha cambiato idea.
Credo che tutto quello che si poteva dire sull’argomento è stato detto e non ho la presunzione di aggiungere altro, specificando, essendo io laico o laicista, che mie ventuali scelte varrebbero per me e assolutamente non per gli altri.
Concludo ritornando all’intestazione della lettera: “…fra evidenze scientifiche e contaminazioni ideologiche della scienza”. La sottoscrivo, ringraziando coloro che hanno preso tale iniziativa.

131. Antonio Meo - 25 gennaio 2009

Chiedo scusa se i miei interventi si moltiplicano; però sostenendo in questo dibattito una posizione nettamente minoritaria mi trovo a interagire con numerosi interlocutori.
Mi dichiaro perfettamente d’accordo con la definizione di sopravvivenza data dal Dott. Piazzalunga, come del resto ribadito da consessi internazionali di scienziati, filosofi, bioeticisti, teologi e chi più ne ha più ne metta.
Ma attenzione: Eluana Englaro non è “alcuni organi o apparati tenuti in vita dalla medicina moderna”: al di fuori di acqua e cibo (sia pure somministrati per sondino) sono anni e anni che non le viene fatto altro, e lei continua a campare con le sue forze. Ha perfino recentemente superato una gravissima emorragia che in chiunque altra sarebbe stata trattata con trasfusioni.
Il problema dibattuto qui è un altro, ed è quello di sapere se una volontà espressa (mettiamo pure con convinzione), senza una circostanziata informazione, possa essere considerata valida, e per giunta valida a distanza di anni: vogliamo chiedere a qualche medico legale cosa vuol dire “consenso informato”?
L’altro problema è se il diritto a rifiutare una cura equivale al diritto di morire. La Costituzione (articolo 32) afferma il diritto a rifiutare le cure mediche, è vero, e in qualche caso il rifiuto delle cure mediche potrebbe essere usato proprio con allo scopo di morore: ciò significa forse che il diritto al rifiuto alle cure mediche equivale a un diritto a morire? La Costituzione afferma anche tante altre libertà (articolo 13 e seguenti), e sappiamo che un cittadino può usare di qeste libertà anche per raggiungere il precipizio da cui lanciarsi: questo dimostra forse che la libertà di spostamento equivale al diritto al suicidio?

132. Luigi Caliandro- medico di famiglia - 25 gennaio 2009

sottoscrivo e condivido questa lettera, convinto che anche la medicina generale è interessata a questo problema

133. LUCIO PALMA,Neurochirurgo 26/01/09 - 26 gennaio 2009

Voglio ribadire la mia non-adesione e reiterare un semplice concetto il cui senso di fondo sembra,chissà perchè,essere ritenuto poco rilevante dai più. IL RIFIUTO DELLE CURE E’ UN DIRITTO SACROSANTO. MA L’ALIMENTAZIONE E’ UNA CURA? PUò ESSERE CONSIDERATA UN “ACCANIMENTO TERAPEUTICO? E POI,LA LOGICA E SEMPLICE CONSEGUENZA DI UN TALE RIFIUTO DOVREBBE ESSERE A MIO GIUDIZIO L’ATTO DI ALLONTANARSI DA CHI HA IL DOVERE DI PRESTARE QUELLE CURE (CIOè IL MEDICO) E DAL LUOGO DOVE TALI CURE DEVONO ESSERE PRESTATE. PRETENDERE ADDIRITTURA PER LEGGE CHE UNA NON-CURA VENGA POSTA IN ESSERE DAL MEDICO E IN UN “LUOGO DI CURA” E’ IRRAZIONALE E INGIUSTO.
Tutti invocano il testamento biologico come panacea . bene,aggiungiamoci l’idea “sponsorizzata” dall’ideatore di questo dibattito,cioè che l’alimentazione,in quanto “atto medico” va equiparata ad una terapia (cosa che mi sembra una inaccettabile forzatura) e quindi inclusa nella “sospensione” voluta dall’estensore del testamento biologico : immagino uno scenario raccapricciante : un giovane in stato vegetativo persistente fatto morire di fame e di sete perchè c’è “sul mercato” una richiesta di reni o di fegato…La mia vuole essere una provocazione ma…non mi sembra poi così campata in aria in un mondo futuro in cui certi paletti di principio vengono rimossi.

134. Davide Mazzon, Specialista in Anestesia e Rianimazione e Scienza dell'Alimentazione e Dietetica; Impegnato da 25 anni nelle attività di prelievo e trapianto di organi e tessuti - 26 gennaio 2009

Lo dice la parola stessa ARTIFICIALE: la NUTRIZIONE ARTIFICIALE NON E’ NATURALE MA E’ UN TRATTAMENTO MEDICO, lo dice la Società Italiana di Nutrizione Parenterale ed Enterale e lo dicono tutte le Società Scientifiche Internazionali che si occupano di Nutrizione Artificiale. Negarlo da parte di un Medico è frutto di ignoranza o faziosità o di entrambe.
Chiamare in causa l’Accanimento è poi un’ingenuità dovuta senz’altro a scarsa frequentazione con le questioni bioetiche: qui (Caso Englaro, ma non solo) siamo nel dominio della volontà della persona che può rifiutare qualsiasi trattamento sanitario, dall’iniezione intramuscolare al trapianto di cuore. Peraltro il Collega ha la mia comprensione perchè anche la Ministra Turco si confuse quando chiese un parere al CSS sul fatto se la ventilazione fosse o meno accanimento per il povero Welby, che, coscientemente, implorava da mesi che smettessero di infliggergli quella tortura. E nulla sarebbe cambiato sulla legittimità etica, deontologica o giuridica del suo rifuito se egli avesse poi perso conoscenza: la sua ultima volontà consapevole avrebbe avuto piena validità e avrebbe dovuto essere rispettata.
Circa poi il raccapricciante scenario delineato alla fine del precedente commento, mi pare francamente offensivo, da parte di un Collega, chiamare in causa, anche provocatoriamente, la predazione di organi nei confronti delle persone in Stato Vegetativo, rinforzandola con la fallacia argomentativa della china scivolosa, sempre usata da quanti rifiutano di riconoscere lo scenario socio-culturale e quindi storico in cui viviamo, e le conquiste civili scolpite nella nostra Costituzione, per mascherare la propria negazione del diritto dell’autodeterminazione della persona. Ma il fondamento della “provocazione” potrebbe anche essere nel fatto che forse il Collega non ha chiarezza sul fatto che i prelievi di organi e tessuti si praticano in persone decedute dopo accertamento di morte con criteri neurologici e cardiologici, e che le persone in Stato Vegetativo nè sono decedute nè vengono sottoposte ad accertamento di morte.

135. Roberto Piazzalunga - cardiologo ospedaliero in pensione - 26 gennaio 2009

Chiedo scusa al Collega Mazzon se mi intrometto, ma che importanza può avere il parere della Società Italiana di Nutrizione Parenterale ed Enterale nonchè di tutte le Società Scientifiche Internazionali, di fronte alla convinzione di coloro che per Ideologia o per Fede ritengono di essere autorizzati ad espropriare gli altri del diritto di decidere su se stessi, nelle particolari condizioni di non vita e non morte, determinate dai mezzi di cui dispone la medicina moderna.
La volontà della persona espressa nel pieno delle sue capacità di intendere e di volere perchè si lasci che la sua fine proceda in modo naturale senza che venga ritardata da trattamenti più o meno invasivi, sembra rappresentare una sorta di offesa o di prepotenza nei confronti di chi ha un’ idea differente e intende imporla a tutti.
Ma, forse, anche questo è uno dei privilegi di vivere nel nostro Paese così bello e così ricco di storia!

136. LUCIO PALMA,Neurochirurgo 26/01/09 - 27 gennaio 2009

Scusatemi una breve replica. Il punto centrale per noi medici e in quanto medici è il GIURAMENTO DI IPPOCRATE che tutti noi abbiamo fatto. Ebbene,all’ultima riga della formulazione “moderna” esso recita :…..”di astenermi dall’accanimento diagnostico e terapeutico”.
Evidentemente per molti colleghi che hanno partecipato a questo dibattito l’alimentazione artificiale equivale ad “accanimento terapeutico”. Per me non è così (ma anche per qualcun altro ,ho letto…..) Finchè non sarà chiarito questo punto,magari modificando opportunamente la formulazione di questa frase del giuramento,nessuna legge e nessuna corte mi potrà obbligare a togliere il sondino gastrico ad una persona.

137. Antonio Meo - 27 gennaio 2009

Però nessuno ha risposto alla mia domanda: “impedire un suicidio” dovrebbe essere considerato un’azione positiva o un reato contro la libertà? (non mi riferisco a una persona che dà chiari segni di squilibrio, parlo di qualcuno che sembra sapere ciò che fa).

138. gennaro savoia - 28 gennaio 2009

Rifiutare consapevolmente le terapie o di non aderire ad progetto di cure invasive e prolungate non è suicidio ; come la mettiamo con i testimoni di geova ? Nelle ultime sentenze si viene condannati per ever fatto trasfusioni contro la volontà dei pazienti.
Il medico è obbligato a tener conto della volontà del paziente !
non mi piace l’orientamento legislativo della commissione sanità sullo stabilire limiti invalicabili alimentazione e idratazione , sottratti alla volontà del paziente .
Come rianimatore mi sento impegnato ( è il mio mestiere ) a provare sempre l’impossibile al fine di garantire una chance di vita a condizioni accettabili , ma non può mai essere una lotta ad oltranza .
Gli ospedali nascono nel medioevo per accogliere i pellegrini malati e per trattarli proprio nell’ottica moderna di cure palliative di accompagnamento ad una morte serena .

139. Antonio Meo - 28 gennaio 2009

Suicidio è adottare qualunque strategia finalizzata al morire.
Io posso rifiutare una terapia perché la ritengo immorale (come nel caso delle trasfusioni per i Testimoni di Geova, o nel caso di un trapianto di un organo comprato per denaro), posso rifiutarla perché la ritengo troppo costosa per le finanze dei miei familiari, posso rifiutarla perché la ritengo troppo dolorosa da sopportare, posso rifiutarla perché non la credo efficace: in tutti questi casi io posso anche morire per questo mio rifiuto, ma non è suicidio.
Oppure io posso rifiutare una terapia perché voglio morire: cosé questo se non suicidio?

140. Manrico Gianolio - 29 gennaio 2009

Che el cure debbano essere concordate ed accettate è un punto acclarato perchè garantito dalla nostra legge. La discussione sul suicidio ci porta fuori tema. Ne hanno scritto, tra gli altri, Aristotele, Seneca, Plotino, Alfieri, Foscolo, Leopardi, Shopenauer, Heidegger. Non possiamo pretendere di essere noi, qui, a trovare le risposte. Ognuno li legga e trovi la sua convinzione. La nostra riflessione riguarda lo stato vegetativo permanente. Forma di vita senza coscienza di sè e del mondo, possibile solo grazie ad avanzati interventi sanitari, tra cui la nutrizione artificiale che, nel caso specifico, considero un accanimento terapeutico. Ma non si vuole impedire a nessuno di accettarla, questa forma di vita, si chiede, solo per se stessi, di poterla rifiutare. E’ troppo?

141. LUCIO PALMA,Neurochirurgo 30/01/09 - 30 gennaio 2009

Prendo lo spunto dalla lettera precedente (Gianolio) per esporre ,per l’ultima volta, sotto forma di domanda,l’aspetto forse più problematico della questione,a cui nessuno finora ha fatto cenno : “SI CHIEDE DI POTER RIFIUTARE L’ALIMENTAZIONE ARTIFICIALE” Benissimo,d’accordo. Ma perchè chi compie codesto rifiuto deve rimanere in ospedale? Perchè deve essere un medico a “non fare più niente”? Mi sembra illogico oltre che personalmente inaccettabile. Se rifiuto una cosa,mi allontano da essa e da chi me la offre. Dice ” ma a casa come si fà? ” e ” se uno non ha più nessuno e nessun posto dove andare a morire?” Allora si creino delle “cliniche della morte ” (tipo quelle dei paesi di religione induista) dove vengono “ricoverate” persone in stato vegetativo destinate a morire perchè hanno detto espressamente di volerlo. In codeste “cliniche” ,non vedo che bisogno ci sarebbe di medici…E poi,ripeto,si faccia un Referendum fra noi medici per cambiare il giuramento di Ippocrate in modo da contemplare (la facoltà? l’obbligo?) di restare semplicemente a guardare un essere umano morire SENZA FARE NIENTE…..

142. Roberto Piazzalunga - cardiologo - 30 gennaio 2009

Per quanto mi riguarda. credo sia una proposta condivisibile quella di cambiare il Giuramento di Ippocarate, anche perchè penso che ai tempi di Ippocarate non ci fossero i reparti di rianimazione e lo stato vegetativo permanente.

143. Antonio Meo - 1 febbraio 2009

Che noi ce ne rendiamo conto o no, della problematica del suicidio è intriso tutto il dibattito in corso. Lo dimostra inequivocabilmente la domanda finale posta dal Sig. Gianolio; non è in gioco il rifiuto di questo o quel trattamento, ma esattamente la possibilità di rifiutare “questa forma di vita”; il rifiuto del trattamento è funzionale a questo preciso obiettivo.
La la libertà costituzionale di rifiutare una cura, certo, è assoluta (chi rifiuta un trattamento non è tenuto neppure a dare una motivazione), pertanto comporta nel caso singolo la possibilità di una scelta suicida: ma per la nostra legislazione questa possibilità è una conseguenza, un inevitabile effetto indesiderato del diritto a rifiutare le cure, non è essa stessa il diritto (altrimenti nel nostro ordinamento giudiziario non esisterebbe il reato di “omicidio di consensiente” e sarebbe invece sanzionato chi impedisce un suicidio).
Per me va bene che si discuta su come i principi giuridici attualmente vigenti possano essere garantiti nelle nuove situazioni che la tecnologia più avanzata può comportare. Benissimo che si ricerchi il modo per rispettare il più possibile la VERA volontà del paziente, ma con la MASSIMA prudenza (sui motivi di questa prudenza non torno avendoli sottolineati nei miei interventi precedenti senza ricevere la minima obiezione).
Non mi va più bene invece che il caso in oggetto diventi il pretesto per modificare i principi giuridici vigenti, introducendo per esempio il diritto a rifiutare qualche “forma di vita”, come si esprime il Sig. Gianolio (che ha tutto il diritto di battersi per questa modifica dei principi giuridici, ma non può definire “fuori tema” il discorso sul suicidio).
E non mi va bene che una tale operazione sia fatta senza una precisa e CONSAPEVOLE scelta della società civile attraverso gli strumenti democratici previsti dal nostro ordinamento.

144. Pio Lattarulo - 1 febbraio 2009

Ringrazio gli estensori della lettera aperta per aver finalmente chiarito i termini rispetto alla nutrizione artificiale, condivido e sottoscrivo a pieno.
Pio Lattarulo, DOTT. – DAI
Professore a contratto di Discipline Infermieristiche – Universita’ degli Studi del Piemonte Orientale

145. roberto gallerani guidetti - medico - 4 febbraio 2009

approvo e sottoscrivo il documento

146. Eugenio Paci, medico epidemiologo - 5 febbraio 2009

Sottoscrivo la lettera, che approvo.

147. romeo - 7 febbraio 2009

sono grato agli estensori della lettera aperta che condivido pienamente.
Il Parlamentari italiani, prima di legiferare in materia dovrebbero leggerla attentamente.
Il capo di governo nelle sue ultime assurde esternazioni di ieri 6/02/09
ha chiaramente evidenziato la sua enorme ignoranza in merito e la sua totale dipendenza dalle gerarchie vaticane.
Gli scienziati ed i politici dovrebbero operare i primi e legiferrare i secondi con spirito laico, altrimanto scivoleremmo in uno Stato teocratico.

148. Luigi Arru - 7 febbraio 2009

Condivido il contenuto della lettera. Quel che mi avvilisce che qualcuno pensa che noi siamo per la cultura della morte….
Luigi Arru Ematologo
Presidente Ordine dei Medici e Chirurgi e Odontoiatri della Provincia di Nuoro

149. Angelo Mangoni - 8 febbraio 2009

Approvo e sottoscrivo il documento. Sono un medico e come tale faccio del mio meglio per curare i miei pazienti ma a loro posso solo CONSIGLIARE una terapia, non imporla. A loro spetta sempre la libertà di curarsi. Viva la libertà.

150. silvia pettarin - 8 febbraio 2009

Sottoscrivo, in nome della libertà di scelta della persona e della pietas nei confronti della stessa. La scienza deve aiutarci a migliorare la nostra vita, qualunque e comunque essa sia, ma sempre rispettando la nostra volontà e la nostra libertà. Non deve dominarci, come non lo devono fare la violenza della politica e dell’interesse altrui.

151. Dott. Nicola Pietra - 8 febbraio 2009

Sottoscrivo la lettera per rispetto della volontà delle persone che soffrono, per rispetto della professione di medico chirurgo che svolgo da 23 anni, per rispetto della scienza.

152. Gloria Stofella - 8 febbraio 2009

approvo e sottoscrivo la lettera

153. Gloria Stofella - 8 febbraio 2009

Medico Anestesista Rianimatore – Terapia Intensiva Neurochirurgica

154. Matteo Totaro - 9 febbraio 2009

Approvo e sottoscrivo la lettera

155. Aldo Amantini, neurologo - 9 febbraio 2009

Sottoscrivo il documento con la frustrazione di non poter accedere nel nostro paese ad un confronto etico alto basato sul rispetto delle convinzioni di ciascuno, ma anche sul contributo delle conoscenze cliniche e scientifiche. Evitiamo che venga impedito un dibattito fra opinioni in grado di favorire la crescita culturale ed etica della nostra società.

156. cristina garrino - 9 febbraio 2009

grazie per quello che state facendo..
finalmente una voce lucida, pacata e informata, uno spunto di discussione…

157. Aurelia Guberti - 10 febbraio 2009

sia come anestesista rianimatore, sia come cittadina italiana, sottoscrivo in toto la lettera e porgo il massimo sostegno, specie ora che Eluana ha chiuso il suo drammatico iter, al papà Englaro. Sospendere l’alimentazione artificiale non ritengo sia eutanasia ma la fine di una lotta che durava da tanti, troppi anni.(questa morte così repentina potrebbe eseere dovuta ad una embolia polmonare, ma non cambia il concetto di base).

158. francesco schiavon - 10 febbraio 2009

Sottoscrivo in toto anch’io la lettera aperta, come cittadino italiano, tanto più dopo la conclusione del dramma umano di Eluana. Sono un medico radiologo, quindi non preparato specificamente sulle tematiche bioetiche, ma attento ad allargare il proprio “bagaglio” umanistico. Perciò, ringrazio davvero di cuore i promotori dell’iniziativa

159. giuseppe madonia - 11 febbraio 2009

grazie a tutti voi,ma un grazie incondizionato,speciale ed affettuoso a Beppino Englaro che ha voluto e saputo dare un senso importante alla morte della propria figlia Eluana che,diversamente,poteva correre il rischio,nell’assurdità della sua disgrazia, di una morte senza senso.
Beppino ha saputo onorare nel migliore dei modi l’esistenza di Eluana accompagnandola passo passo,con tenacia ed uno speciale senso civico.
A tutto ciò ,medici e non ,dovremmo tributare un gesto di riconoscenza per la sollecitazione derivatane ad una discussione,che nel bene e nel male,ha certamente contribuito ad una lievitazione di coscienza e sensibilità da cui non potrà non derivarne un approccio più civile alla natura del problema.
In polemica con certa politica e con certi prelati,un grazie ulteriore a Beppino,per avere fatto emergere le istanze più ciniche, opportunistiche e spesso becere di certi personaggi che si sono ampiamente dimostrati incapaci,dall’alto dei loro scranni,a tacere quando ne hanno avuto piena possibilità.
Il clero con esternazioni talora al limite dell’intimidazione ed i politici con affermazioni irrigurdose e stupide hanno pienamente dimostrato di essere all’altezza di potere amministrare,forse,solamente soldi e potere.
Beppino Englaro ed Eluana ha dimostrato che esistono ancora Italiani per bene a cui dovrebbe andare,in questo momento tutta la nostra solidarietà,apprezzamento e tenerezza.

pippo madonia,
medico

160. massimo piazza - 11 febbraio 2009

sottoscrivo la lettera aperta.

161. Maria Teresa Gemelli - 11 febbraio 2009

Sottoscrivo la lettera aperta

162. GENNARO MARTUCCI -INFERMIERE- ASL TO2 RIANIMAZIONE SAN GIOVANNI BOSCO DI TORINO - 12 febbraio 2009

APPROVO E SOTTOSCRIVO LA LETTERA.

163. Cristina fabbri - INFERMIERA - AOU CAREGGI - FIRENZE - 12 febbraio 2009

Approvo e condivido la lettera aperta e lo faccio non solo come infermiera che da 25 anni lavora accanto alla sofferenza degli esseri umani ma come persona capace, oggi, di intendere e di volere e quindi di capace di prendersi delle responsabilità su se stessa.

Approfitto di questa opportunità per dichiarare le mie volontà e capire, se qualcuno vorrà dirmi, perchè dovrei rinunciarci.

Io rifiuto di passare la mia vita in uno stato che mi impedisce di vivere e di sentirmi viva.

Non voglio che il mio corpo sia ridotto ad un ammasso di carne sul quale chiunque può mettere le mani.

Non voglio che il mio corpo, per garantire processi biologigi ai quale non posso dare il mio consenso, venga sostenuto da interventi artificiali, quando la scienza riconosce l’improbabilità fondata di un possibile recupero della mia coscenza.

Non considero vita la sopravvivenza del mio corpo in assenza della mia coscenza, della mia capacità di utilizzare tutti i sensi che oggi mi permettono di entrare in comunicazione con il mondo , della mia volontà di vivere a modo mio.

Queste sono le mie volontà e vorrei capire perchè qualcuno deve metterle in dubbio.

Vi ringrazio per ciò che state facendo perchè è un lavoro prezioso per la nostra socetà malata.

164. Gemma Jeva - 12 febbraio 2009

Condivido e sottoscrivo.
Grazie per l’impegno e l’opportunità!

165. giorgio robiony - 12 febbraio 2009

condivido integralmente l’impostazione in termini giuridici della lettera aperta del comitato. Il diritto non solo deve recepire le istanze etiche che provengono dalle componenti principali della società, ma deve anche regolamentarne le problematiche, senza necessità di una distinzione fondata su principi, religiosi e/o filosofici ai quali le stesse si ispirano.
La nostra è una società in continua evoluzione, nella quale principi laici e di fede religiosa non devono scontrarsi, ma individuare punti d’intesa nella morale, cioè sul piano dei comportamenti che la legge può e deve regolare.
Il criterio della probabilità scientifica è l’unico che possa essere individuato per stabilire questi “punti d’intesa” ai quali la ragione deve essere subordinata nell’esercizio delle azioni umane e quindi materiali, e cioè nell’applicazione della morale, che non deve identificarsi con una delle diverse componenti etiche della collettività, ancorchè casualmente o temporalmente maggioritaria.
Negare alla scienza questo compito di delimitare l’ambito nel quale le attività umane sono soggette a limiti di percezione, previsione e determinazione da parte della stessa, si traduce in un pericoloso ritorno al medioevo della cultura occidentale, che ha rappresentato il principale fattore di arresto del progresso della cultura occidentale e, nei casi di predominio della stessa a livello planetario, dell’intera umanità.
Ben venga quindi ogni sforzo per conservare prima alla scienza e poi al diritto la funzione regolatrice dei limiti della azione umana.

166. Stefano Alice - 13 febbraio 2009

Casi come quello di Pier Giorgio Welby ed ora quello di Eluana Englaro, nelle loro diversità, ci impongono, cari colleghi, di riflettere, di imparare e, se possibile, di giungere a conclusioni condivise sul piano etico e legale. Per comprenderne l’importanza basta ricordare che altre 2500 persone si trovano in stato simile a quello in cui versava Eluana Englaro prima del decesso.
Apprezzo, quindi, la discussione in merito che avete portato avanti. Cercherò di dare un mio contributo. Nel nostro sforzo di riflessione ritengo si debba tener conto di alcuni fatti: conosciamo sempre più casi di persone che escono dallo stato vegetativo, anche dopo parecchi anni; uno studio condotto dall’equipe medica inglese guidata da A.M. Owen, ha voluto verificare l’eventuale attività cerebrale in una giovane in stato vegetativo persistente: la Risonanza Magnetica Funzionale ha mostrato un’attivazione cerebrale, in corrispondenza con gli inviti da parte dei ricercatori ad immaginare di salire delle scale o di giocare a tennis, analoga quanto avveniva nei soggetti del gruppo di controllo;recentemente il President’s Council of Bioethics degli Stati Uniti ha affermato che in queste situazioni “la valutazione clinica si limita a misurare la capacità di rispondere all’ambiente” e che “ci sono buone ragioni per essere molto cauti prima di assumere che la vita cosciente si sia estinta”. Fatti che mi parrebbero rafforzare quanto raccomandato sul testamento biologico nel 2003 dal Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB).
Con molta attenzione ho letto il documento del CNB dal titolo. “L’alimentazione e l’idratazione di pazienti in stato vegetativo persistente” del 30 settembre 2005 e così pure le osservazioni critiche dei membri dissenzienti (il documento fu approvato con 18 voti favorevoli, cui se ne sono aggiunti altri 3 in un secondo momento, 8 contrari, 1 astenuto). Capisco il problema di difesa del principio di autodeterminazione che quest’ultimi pongono, ma mi chiedo, è nella morte del paziente -eutanasia omissiva od attiva- che va trovata la soluzione?
Con stima,
Stefano Alice
specialista in chirurgia generale
medico di medicina generale

167. GIUSEPPE GRISTINA - 14 febbraio 2009

Caro Collega
intanto grazie per i toni pacati e per l’apporto che stai dando alla discussione.
Proprio perchè cerchiamo di parlare il linguaggio della scienza, tutti noi sappiamo che quanto più si raffinano i mezzi per conoscere tanto più è possibile conoscere quindi noi tutti intepretiamo la scienza medica come un “work in progress”.
Il punto però qui non è se come tu dici “è nella morte del paziente -eutanasia omissiva od attiva- che va trovata la soluzione” ma se un individuo che appartiene a pieno diritto al consesso sociale di persone libere che siamo, abbia o no il diritto di dire che non vorrebbe mai vivere per anni ed anni in uno stato considerato per sè umiliante e per i propri cari gravoso.E’ questa una sfera privata o no? Noi dobbiamo rendere conto alla società degli obblighi che contraiamo verso di essa ma non credo che dobbiamo rendere conto a qualcuno di ciò che intendiamo per “vita dignitosa”.
Io penso che questo sia un diritto inalienabile di ogni essere umano, che esista e vada salvaguardato.
Così, non dobbiamo confondere il piano scientifico con l’idea della vita che ciascuno ha: questa deriva dai nostri valori cui ci siamo ispirati, l’evidenza scientifica deriva invece dalla ricerca.
Quindi nessuno qui vuole negare le evidenze degli studi cui tu ti riferisci, però – e questo è sostanziale sottolinearlo – nessuno deve pensare che la soluzione dei problemi sia nella morte di tutti coloro che si trovano in stato vegetativo. Scusami, ma questo non credo che nella nostra lettera sia stato mai detto e quindi di non poterlo accettare. Con questa tua conclusione inoltre temo passi un concetto davvero pericoloso e cioè che esistono medici per la vita e medici per la morte. Un danno questo che riterrei davvero irreparabile per il paese intero.
Vorrei concludere con una bellissima frase del filosofo Galimberti che centra il problema vero : ” …la coscienza medica è davvero ristretta, ed è molto dubbio che sia più etico chi si attiene alle proprie convinzioni religiose, senza farsi carico delle conseguenze individuali e sociali delle persone a cui nega l’intervento, (del trattare o del non trattare), rispetto a chi questo carico se lo assume per compassione,per tolleranza umana, per volontà di aiutare (anche a morire).”
Grazie ancora
GIUSEPPE GRISTINA

168. Antonio Meo - 15 febbraio 2009

Il primato della coscienza è senza dubbio un dato acquisito dalla nostra società civile, ma questo è possibile solo in quanto la società ha adottato una precisa visione dell’uomo, che non è detto sia condivisa da tutti.
Dobbiamo distinguere gli atti con cui una persona pienamente libera e veramente consapevole dispone di sé, e il coinvolgimento degli altri in questi atti.
Per definire ciò che è giusto e ciò che non lo è nelle relazioni tra le persone è inevitabile sapere almeno che cosa significa la parola “persona”, e a questa domanda la società civile dovrà dare una risposta, attraverso gli strumenti decisionali che ha adottato (e che al giorno d’oggi, sempre basandosi sulla scelta una specifica visione dell’uomo, sono stati identificati con i meccanismi democratici).
Possiamo accettare che un individuo faccia scelte personali contrastanti con la visione dell’uomo su cui la società civile ha scelto di porre le proprie basi, tuttavia qualcuno desidera che ciò non si trasformi in un “diritto alla disponibilità della vita” socialmente riconosciuto (per lo stesso motivo che impedisce di riconoscere validità giuridica a un contratto con cui uno si vende come schiavo).
E senza negare un diritto all’autodeterminazione, qualcuno richiama alla prudenza su questi punti:
1) Accertamento assoluto della piena validità e consapevolezza di una scelta personale irreversibile.
2) Attenzione estrema alla perdurante validità di quanto espresso precedentemente.
3) Pur nel rispetto di una scelta veramente libera dell’individuo, deve restare una forte sottolineatura sul fatto che la società adotta piuttosto un atteggiamento favorevole alla vita (che non ha nulla a che vedere con l’accanimento terapeutico).
4) Devono essere evitate le minime concessioni all’accettazione sociale dell’idea che una vita sia più o meno degna di essere vissuta.
Su questi laicissimi punti si basa il dibattito; ritengo legittimo che qualcuno non li condivida, in tutto o in parte, e agisca per affermare altre visioni; spero sia riconosciuta altrettanta legittimità alla mia posizione.

169. Antonio Meo - 15 febbraio 2009

Chiedo scusa dell’aggiunta: rileggo quanto ho scritto, e ritengo doverosa una precisazione: quando affermo che non tutti possano condividere quella visione dell’uomo che porta ad affermare il primato della coscienza, non è per togliere forza al primato della coscienza, che condivido totalmente, ma per affermare anzi che solo basandosi su una visione dell’uomo è possibile basare una convivenza civle, anche quando tale visione non fosse universalmente condivisa.

170. Paolo Tomasi - audiometrista - 23 febbraio 2009

Sottoscrivo la lettera.
Credo che possa esistere il libero arbitrio nell’ambito di una morale Kantiana.

171. Emanuele Previtali - Medico Specializzando in Medicina Interna - 19 marzo 2009

Ringrazio per l’opportunità di partecipare al dibattito. Nella mia breve esperienza clinica di Medico Specializzando in Medicina Interna con periodi di frequenza in Terapia Intensiva, non posso che riconoscermi pienamente nelle posizioni sostenute dai Colleghi ALICE, MEO e PALMA, e mi complimento vivamente con loro per la costanza e la puntualità degli interventi. Non ho nessuna velleità di poter portare un contributo significativo alla discussione, ma credo che al fondo della questione posta con tanta chiarezza dal caso di Eluana, rimanga la necessità di mantenere chiaro il fatto che è e non può che essere la persona ad avere dei diritti, e non i diritti che possono disporre della persona. Senza la persona, non avrebbe ragione di esistere nessun diritto della persona.
Grazie.

172. Pianon Roberto - 23 marzo 2009

sottoscrivo in modo convinto anche se un pò in ritardo

173. lucia attardo medico spec. anestesia e rianimazione resp terapia antalgica - 25 marzo 2009

il nuovo confine vita ridisegnato dalla assistenza intensiva va spiegato e precisato alla intera classe medica e politica per la spinta emotiva che si sta orientando a scelte di accanimento terapeutico e trattamento..impositivo. Confrontarsi è un impegno che questa lettera aperta favorisce, confermo mia adesione.

174. Anna Orlando, Volontaria ADVAR Onlus - Treviso - 31 Maggio 2009

Condivido e sottoscrivo questa lettera con stima, gratitudine e… amore.

175. Sara Zanatta, Fabio Santinon - Treviso - 26 agosto 2009

Condividiamo e sottoscriviamo il messaggio di libertà portante della lettera.

176. Paolo Lega - 29 ottobre 2009

Condivido e sottoscrivo con stima e ammirazione

177. Giovanni Paglialonga, medico ostetrico-ginecologo - 2 novembre 2009

Condivido e sottoscrivo; e mi domando: quelli che la pensano diversamente quando capiranno che, come noi riconosciamo il loro diritto a scegliere le modalità del loro “fine-vita”, anch’essi hanno il dovere di riconoscere lo stesso diritto a chi non la pensa come loro? Ammettiamo pure (per assurdo? ) che non conoscano gli articoli specifici della nostra Costituzione e i pronuciamenti delle varie società scientifiche, ma come è possibile non essere d’accordo su questo principio basilare del “viver-civile” che dovrebbe essere appannaggio dell’homo-sapiens-sapiens? Io una risposta me la sono data: la Fede, quella assoluta,”integralista”, acceca la ragione.

178. Miriam Fabbri - 26 dicembre 2009

Condivido in pieno e sottoscrivo.

179. Carla Maglione - 6 dicembre 2010

Sottoscrivo perchè come dice Jean-Dominique Bauby nello “Scafandro e la farfalla” bisogna evitare che “i progressi della tecnologia facciano sì che chi prima era condannato a morire, oggi sia condannato a vivere”…..

180. eleonora scarpitta - 1 febbraio 2012

delle mie 3 settimane di coma farmacologico,la memoria della sete inestinguibile che mi ha accompagnata,gli incubi che mi sovrastavano,la percezione con altro senso, della gente che mi circondava.Ho riconosciuto senza averla mai vista,l’unica infermiera che mi accudiva amorevolmente,dissetandomi.Tutto il resto di conseguenza.

181. Josephine - 25 aprile 2013

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182. Ellis - 28 aprile 2013

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183. sesame oil - 28 aprile 2013

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